domenica,Luglio 27 2025

In auto da Mileto a Dinami come in un episodio di Last of Us: il mondo civilizzato scompare in un safari tra buche, rovi e fauna locale

Un nostro lettore racconta con sarcasmo l’incredibile condizione di degrado e abbandono che domina una ventina di chilometri di asfalto butterato e invaso dalle erbacce: «A un certo punto ho pensato di fermarmi e lasciare un biglietto d’addio ai familiari: “Se non torno, sappiate che ci ho provato”»

In auto da Mileto a Dinami come in un episodio di Last of Us: il mondo civilizzato scompare in un safari tra buche, rovi e fauna locale

Si fa presto a dire “vado a Dinami alla festa della Madonna”. Nella provincia di Vibo una ventina di chilometri possono diventare un salto nell’ignoto, una sorta di ritorno a “Frittole 1400, quasi 1500”. È quello che è successo a un nostro lettore, Nicola Currà, che tra il serio e faceto racconta la sua avventura per percorrere quella manciata di chilometri e raggiungere Dinami provenendo da Mileto. Una striscia d’asfalto sempre più stretta, dove la vegetazione e il degrado si richiudono sulla normalità negata.

La lettera

Domenica, pieno di spirito cristiano e con la fede che solo un calabrese può capire, ho deciso di andare alla festa della Madonna della Catena, a Dinami. Così, con la macchina lavata per l’occasione (che tanto dura pulita cinque minuti), ho imboccato con coraggio e incoscienza quella che mappe e navigatori chiamano ancora strada provinciale “Mileto-Dinami”.

Ebbene, non era una strada. Era un percorso a ostacoli. Un tributo a “Survivor”, con la differenza che io non avevo firmato nessun contratto per partecipare.

Appena uscito dallo svincolo, ho pensato di aver sbagliato strada e imboccato un sentiero di guerra. Buche talmente profonde da contenere l’intero codice penale, erbacce alte come canne da zucchero che sembravano voler nascondere le corsie come un segreto di Stato. Un cinghiale è sbucato dall’erba e mi ha guardato come se fossi io quello fuori posto. Io, sulla mia carreggiata. O meglio, su quel che restava.

Un paesaggio post-apocalittico, manco fossimo nella serie The Last of Us, con l’asfalto che si sbriciola sotto le ruote, i cespugli che invadono la strada come se volessero riconquistare il territorio, e i cartelli stradali ormai così scoloriti che parevano aver perso anche la voglia di indicare qualcosa. A un certo punto ho pensato di fermarmi e lasciare un biglietto d’addio ai familiari: “Se non torno, sappiate che ci ho provato”.

Poi l’apice: una curva cieca a gomito, invasa da rovi, e un cane randagio che mi guarda perplesso, come a dire: “Sei scemo? Non sai che questa è zona nostra?”. E pensare che volevo solo andare a pregare.

Alla fine, arrivato a Dinami col cuore in gola, i freni bruciati e l’assetto della macchina da rifare, mi sono unito alla processione ringraziando la Madonna non tanto per i miracoli, ma perché almeno non ho lasciato il semiasse in qualche cratere o non sono finito in qualche scenario di Jurassic Park sbranato da qualche animale che si crede estinto, ma che prospera sicuramente in salute e tranquillità in mezzo a queste lande dimenticate.

Ora, mi chiedo: ma è possibile che nel 2025 si debba affrontare letteralmente un safari per raggiungere un paese limitrofo? E non stiamo parlando di una mulattiera, ma di una SP (sigla che, in questo caso, sta per “Strada Pericolosa”).

Dove sono le istituzioni? Dove sono i soldi pubblici che, secondo i proclami, dovrebbero servire “per il rilancio del territorio”? Forse servono solo per rilanciare le sospensioni delle auto dai meccanici locali, perché altro non si vede.

Allora, cari amministratori, fateci un favore: se proprio non volete sistemare la strada, almeno abbiate il coraggio di mettere all’inizio un cartello chiaro per avvisare quantomeno i poveri turisti: “Benvenuti nella Savana. Avventurarsi a proprio rischio. La Madonna vi protegga, se ci arrivate”.
Con affetto (e sospetto),
Nicola Currà, un cittadino di Mileto con la macchina a pezzi e la pazienza pure.

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