Bottiglia incendiaria alla Bper di Vibo, obbligo di firma per il fermato dalla polizia

Arresto non convalidato e misura cautelare dell’obbligo di firma giornaliero alla polizia giudiziaria per Antonio Panzitta, 42 anni, di Rombiolo, protagonista martedì pomeriggio del lancio di una bottiglia incendiaria contro l’ingresso della banca Bper in via Matteotti a Vibo Valentia. Accusato del reato di danneggiamento aggravato seguito da incendio, l’accaduto è stato ricostruito grazie al pronto intervento della Squadra Mobile, oltre che dalle stesse dichiarazioni di Panzitta. Comparso dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia presieduto, dal giudice Brigida Cavasino, dall’ordinanza del magistrato è possibile ricostruire la dinamica degli eventi. Alle 14.14 un dipendente della banca telefonava alla polizia riferendo di aver appena notato un uomo che aveva lanciato qualcosa verso l’ingresso dell’istituto di credito e che si era sviluppato del fuoco. Pochi minuti dopo giungeva un’altra telefonata da parte di un soggetto che affermava di essere Antonio Panzitta e di trovarsi presso la caserma dei carabinieri di Rombiolo e di avere appena incendiato la porta della banca. [Continua dopo la pubblicità]

Personale della Squadra Mobile si recava quindi alla Stazione dei carabinieri di Rombiolo dove si trovava effettivamente Antonio Panzitta che alle ore 15.15 veniva dichiarato in stato di arresto. Si procedeva poi a perquisizioni personali e domiciliari che davano esito negativo. Dopo un paio di ore venivano acquisite le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza e dai fotogrammi è possibile vedere chiaramente Panzitta avvicinarsi alla banca con una bottiglia in mano, chinarsi sulla soglia dell’ingresso ed accendere il fuoco.

Antonio Panzitta in sede di interrogatorio ha ammesso l’addebito, precisando di non essere a conoscenza della presenza di un dipendente all’interno della banca, essendo orario di chiusura, sottolineando che non avrebbe mai posto in essere la condotta se ne fosse stato a conoscenza. Ha inoltre affermato di essere pentito del gesto, determinato da un momento di particolare difficoltà personale, dovuta a seri problemi economici.

Il giudice, quindi non ha ravvisato un’ipotesi di “quasi flagranza” del reato, non essendo a tal fine sufficiente la mera confessione così come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, essendo necessaria invece (per giustificare l’arresto e la sussistenza della quasi flagranza) “l’immediata, diretta ed autonoma percezione da parte della polizia giudiziaria delle tracce del reato o l’inseguimento del reo”.

Da qui la mancata sussistenza dei presupposti di legge per convalidare gli arresti domiciliari così come evidenziato anche dall’avvocato Salvatore Pronestì.

Vista poi la richiesta della Procura (pm Eugenia Belmonte) di applicare ad Antonio Panzitta la misura cautelare degli arresti domiciliari, il giudice ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in merito al fatto contestato, attese anche le dichiarazioni confessorie dell’arrestato.

Ricorrendo quindi, ad avviso del giudice, le esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione di fatti analoghi, in considerazione della gravità del gesto, il giudice ha disposto per Panzitta la misura cautelare dell’obbligo di presentazione tutti i giorni alla Stazione dei carabinieri di Rombiolo per la firma.

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