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‘Ndrangheta: l’operazione “Jonny” ed i summit nelle Serre vibonesi

I retroscena inediti sugli assetti mafiosi nel Vibonese e nel Catanzarese dopo l’omicidio del boss Damiano Vallelunga. Le riunioni a Mongiana ed il ruolo del clan di Vallefiorita

‘Ndrangheta: l’operazione “Jonny” ed i summit nelle Serre vibonesi

Contiene anche diversi retroscena inediti sugli assetti mafiosi determinatisi nel Vibonese e nel Catanzarese dopo l’omicidio del boss Damiano Vallelunga, l’operazione Jonny della Dda scattata il 15 maggio scorso che ha colpito il clan Arena di Isola Capo Rizzuto ma anche le cosche di Roccelletta di Borgia e Vallefiorita. In tale contesto vengono svelate alcune dinamiche criminali importanti createsi all’indomani dell’agguato mafioso costato la vita al capo indiscusso del clan dei “Viperari” di Serra San Bruno, ovvero Damiano Vallelunga, ucciso a Riace il 27 settembre 2009 dinanzi al santuario dei santi Cosma e Damiano. Un omicidio “eccellente” che ha già registrato la condanna – quali mandanti – degli esponenti di vertice dei clan Gallace di Guardavalle, Leuzzi di Stignano e Ruga di Monasterace.

Il summit a Mongiana. E’ il 7 ottobre del 2009 – pochi giorni dopo l’omicidio di Damiano Vallelunga (in foto) – quando i carabinieri della Stazione di Fabrizia riescono ad interrompere un vero e proprio summit. L’informativa è finita agli atti dell’inchiesta “Jonny” per svelare i legami fra il defunto Giovanni Bruno, assassinato a Vallefiorita il 15 maggio 2010 ed i Vallelunga. Un personaggio, Giovanni Bruno, ritenuto dagli inquirenti il braccio destro di Vito Tolone, quest’ultimo ritenuto il boss di Vallefiorita ucciso il 31 gennaio del 2008.

A riscontro della vicinanza di Giovanni Bruno ai Vallelunga di Serra San Bruno, la Dda di Catanzaro nell’operazione Jonny evidenzia che i carabinieri della Stazione di Fabrizia il 7 ottobre 2009, sostanzialmente pochi giorno dopo l’omicidio di Damiano Vallelunga, notavano riuniti a conversare fra loro: Maurizio Tripodi, originario di Mongiana, cugino di Damiano Vallelunga e ritenuto a capo del clan di Soverato Superiore, alleato con i Sia di Soverato ed i Procopio di Davoli; Salvatore e Pompeo Tripodi, fratelli di Maurizio, Mario Vallelunga, figlio del defunto boss Damiano, e Salvatore Vallelunga, fratello di Damiano Vallelunga, a sua volta ucciso in un agguato mafioso il 15 giugno a Brognaturo.

Il summit è stato localizzato dai carabinieri in località “Micone” del comune di Mongiana, “all’interno di una proprietà di Salvatore Tripodi”. Per le circostanze di tempo e di luogo e per le modalità dell’incontro, secondo gli inquirenti “deve ritenersi che nell’occasione si interrompesse un vero e proprio summit” con al centro della discussione “le iniziative da intraprendere in relazione all’omicidio di Damiano Vallelunga”.

La partecipazione di Giovanni Bruno al summit. A tale incontro, i carabinieri hanno accertato anche la presenza di Giovanni Bruno di Vallefiorita inteso come “U boss”, che si sarebbe trovato “in posizione defilata rispetto agli altri e che sembrava – annotano i carabinieri – stesse vigilando sulla loro incolumità, svolgendo sostanzialmente le funzioni di vedetta”.

Il controllo criminale del Soveratese. Non solo Maurizio Tripodi e Vittorio Sia (pure quest’ultimo ucciso) avrebbero però “controllato” gli affari illeciti nel Soveratese. L’inchiesta “Jonny” svela infatti attraverso un’intercettazione che il controllo criminale “nella zona di Soverato avveniva anche a parte di un giovane nipote di Damiano Vallelunga che in precedenza aveva intessuto una relazione con la figlia del defunto Vittorio Sia. Tale comportamento – scrivono i magistrati – veniva mantenuto pure successivamente alla rottura della sua relazione con la predetta ragazza, facendosi appoggiare nella sua attività criminale anche da altri soggetti, con i quali aveva tentato di esercitare un’attività estorsiva nelle zone di fatto poste sotto il controllo criminale della famiglia Bruno”. Per risolvere “la problematica” sarebbe sceso direttamente “ijn campo” il potente boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri, il quale avrebbe demandato ai Bruno la risoluzione di ogni contrasto criminale nella zona “confidando nel contempo nella figura di Salvatore Abbruzzo”, 40 anni, di Roccelletta di Borgia, pure quest’ultimo fra gli indagati dell’operazione Jonny che continua a svelare scenari del tutto inediti.

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