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Aggressione in carcere: condannato Salvatore Mancuso

Il figlio del defunto patriarca dell’omonimo clan di Limbadi ritenuto colpevole di aver spaccato tre denti ad un detenuto

Aggressione in carcere: condannato Salvatore Mancuso

Lesioni personali aggravate. Questo il reato per il quale la settima sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato “inammissibili” i ricorsi di Salvatore Mancuso, 50 anni, di Limbadi, da un paio di anni residente a Giussano, in Lombardia, e Giuseppe Cannatà, 45 anni, di Gioia Tauro.

Confermata così la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha condannato Salvatore Mancuso a 3 anni di reclusione e Cannatà a 2 anni ed 8 mesi per il danno causato ad un detenuto G.S., commesso nel carcere di Opera il 12 aprile 2009.

Per la Suprema Corte, che ha depositato anche le motivazioni del verdetto, siamo in presenza nel caso di specie “di una puntuale ricostruzione in fatto e del corretto richiamo alle coordinate ermeneutiche che presidiano all’applicazione della causa di giustificazione della legittima difesa”. Contro Salvatore Mancuso, oltre alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, pure quella di un agente della polizia penitenziaria il quale aveva riferito che mentre riaccompagnava in cella – dopo una visita medica- il detenuto G.S., quest’ultimo veniva aggredito dai compagni non appena chiuso il cancello della sezione, in mancanza di provocazioni che il detenuto stesso potesse avere rivolto ai compagni di detenzione. Accasciatosi a terra, il detenuto “non aveva reagito in alcun modo venendo difeso dagli agenti accorsi, dalla furia dell’aggressione di Mancuso”.

Al detenuto l’aggressione era costata la perdita totale di tre denti.

Il profilo. Salvatore Mancuso è figlio di Ciccio Mancuso, ritenuto il capo storico della “famiglia”, deceduto il 17 agosto 1997 per un male incurabile. Si tratta dello stesso Francesco, “Ciccio”, Mancuso, che nel 1983 si candidò alla carica di consigliere comunale nel Comune di Limbadi risultando il secondo degli eletti pur essendo all’epoca latitante. L’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, appresa la notizia, sciolse d’autorità quel Consiglio comunale subito dopo le elezioni impedendone l’insediamento. Si trattò del primo scioglimento per mafia in Italia di un Consiglio comunale, pur non esistendo all’epoca una legge sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli enti locali.

Salvatore Mancuso è stato già condannato dal Tribunale di Monza per usura, reati legati agli stupefacenti e detenzione illegale di un consistente arsenale di armi da guerra rinvenuto in un box di Seregno. Il 28 giugno scorso è stato assolto dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia dall’accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose.

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