giovedì,Aprile 25 2024

Operazione Apate, Tropea capitale dei furti d’auto e del riciclaggio

VIDEO - La banda di Paparatto gestiva un giro di circa 150 vetture l’anno, rubate ai turisti che arrivavano in città. In bassa stagione si dedicava agli appartamenti, studiando le vittime e non disdegnando il furto di armi

Operazione Apate, Tropea capitale dei furti d’auto e del riciclaggio

Cinquanta secondi per scassinare un’auto, qualche giorno per effettuarne la sostituzione con un identico modello incidentato e precedentemente acquistato, quindi la pubblicazione dell’annuncio sui siti internet specializzati e la vendita ad ignari clienti.

È questo l’inganno, messo in atto da una strutturata organizzazione dedita al furto e al riciclaggio di autovetture che, nella città di Tropea, era in grado di mettere a segno circa 150 furti l’anno, concentrati per lo più nei mesi di maggior afflusso turistico, tra giugno e ottobre, e prevalentemente ai danni di agenzie di autonoleggio, anche per non pestare i piedi alle famiglie di ‘ndrangheta che si spartiscono il territorio. Anche se agli inquirenti non sono sfuggiti i legami di parentela di alcune delle 16 persone raggiunte dal provvedimento cautelare con le famiglie La Rosa e Mancuso. [Continua]

«Preferivano andavano a colpire i turisti che noleggiavano le autovetture, e che difficilmente andavano a rivendicarle, proprio per stare tranquilli con la criminalità organizzata e non destare troppa attenzione da parte delle forze dell’ordine» ha commentato il procuratore di Vibo Camillo Falvo questa mattina in conferenza stampa.

L’operazione “Apate”, dal nome della Dea dell’inganno, istruita dal sostituto procuratore Maria Colucci e portata a termine dai pm Filomena Aliberti e Concettina Iannazzo, ha permesso di disarticolare l’organizzazione che oltre alle auto – prevalentemente utilitarie dei marchio Fiat e Lancia – si dedicava anche ai furti in appartamento nella Perla del Tirreno e nei suoi dintorni. Al vertice di entrambe le filiere criminali vi era Antonio Paparatto, raggiunto insieme ad altre 15 persone dalle misure cautelari emesse dalla Procura di Vibo Valentia ed eseguite dai carabinieri della Compagnia di Tropea, da ottobre 2018 e fino a maggio 2019 sulle tracce dell’organizzazione attraverso intercettazioni, pedinamenti e informatori.  

Decine di auto intestate ai medesimi proprietari; complicità con sfasciacarrozze di Mesiano e Rosarno che eseguivano le operazioni di scambio di targhe e numeri di telaio; negozi online in cui gli indagati rivendevano, oltre alle vetture, anche centinaia di autoricambi, senza essere possessori di partita Iva o operare ufficialmente nel settore. Tracce lasciate dall’organizzazione che operava con un livello di spregiudicatezza fuori dal comune, nonostante l’arresto in flagranza di Filippo Saragò, a seguito del furto di una 500 a Ricadi, che ha dato la stura alle indagini.   

Il colonnello Capece e il capitano Alimonda

Un danno d’immagine per la capitale turistica, che sulle brochure si vede annotata come meta ad alto rischio, e un danno economico per via di tariffe assicurative schizzate alle stelle. «Agenzie internazionali di noleggio – ha fatto notare Nicola Alimonda, comandante della Compagnia dei carabinieri di Tropea – recano l’indicazione della Perla del Tirreno come città a maggiore prevalenza di furti di autovetture, consigliando al cliente di prestare particolare attenzione. Senza contare le tariffe assicurative che ovviamente risentono di questo fattore».

In bassa stagione, ad alimentare le casse dell’organizzazione, c’era poi l’affare dei furti nelle abitazioni, non sempre riuscitissimi… come quando a mettere in fuga i topi d’appartamento ci ha pensato un efficientissimo antifurto a quattro zampe, come si vede nelle immagini di una videocamera di sorveglianza. Tra i proventi dei furti anche un fucile legalmente detenuto cui furono in seguito troncate le canne, a riprova, secondo gli inquirenti, della pericolosità della banda. I suoi membri, peraltro, mettevano sotto osservazione e pedinavano le vittime designate, introducendosi nelle loro case quando le sapevano lontane dalle mura domestiche. Come avvenuto in un caso in cui, a ricevere la poco gradita visita, è stata una coppia di sposini nel giorno del matrimonio.  

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