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‘Ndrangheta, il pentito Figliuzzi: “Ecco chi nel clan Patania decideva gli omicidi”

Il ruolo della moglie del boss e dei fratelli Giuseppe e Salvatore Patania di Stefanaconi. I soldi per i killer, i rapporti con Pantaleone Mancuso e l’intenzione di uccidere pure i Bonavota

‘Ndrangheta, il pentito Figliuzzi: “Ecco chi nel clan Patania decideva gli omicidi”

Aggiunge elementi preziosi ad un già solido quadro accusatorio contro il clan Patania, il nuovo collaboratore di giustizia del Vibonese Nicola Figliuzzi, le cui dichiarazioni sono (almeno in parte) da qualche giorno non più coperte dal segreto investigativo. Il 27enne di Sant’Angelo di Gerocarne non risparmia infatti particolari sul ruolo di ciascuno dei componenti della “famiglia” Patania di Stefanaconi, al centro dei processi nati dalle operazioni antimafia “Gringia” (per i fatti di sangue) e “Romanzo criminale” (associazione mafiosa). 

Giuseppina Iacopetta. Ad iniziare da Giuseppina Iacopetta, la vedova del boss Fortunato Patania (ucciso nel settembre del 2011), della quale il pentito Figliuzzi dichiara che non partecipava alle riunioni “ma sapeva sempre tutto” attraverso il figlio Giuseppe Patania. “Questo lo so – spiega il collaboratore – in quanto molto spesso ero a casa della Iacopetta insieme a Daniele Bono e Loredana Patania e avevo modo di vedere personalmente Giuseppe Patania che informava di tutto la madre. Ed era alla mia presenza, inoltre, che la Icopetta diceva che il marito doveva essere vendicato. Ricordo che una volta quando mi trovavo a casa della Iacopetta, insieme a Bono Daniele e Patania Giuseppe, e servivano i soldi per andare a prendere i ragazzi per l’omicidio di Francesco Scrugli, la Iacopetta è andata al piano di sopra della propria abitazione e, quando è riscesa, ha consegnato il denaro a Patania Giuseppe”. 

L’ordine: “Scrugli deve morire”. Secondo Figliuzzi, la moglie del boss Fortunato Patania “parlava direttamente con il figlio Giuseppe Patania dell’omicidio di Francesco Scrugli perché lei voleva la vendetta del marito a tutti i costi. Lei diceva che chi aveva ucciso suo marito doveva pagare con la vita. L’interesse principale della Iacopetta era l’omicidio di Scrugli Francesco. Non ricordo di altri casi in cui la Iacopetta ha consegnato del denaro per questi omicidi. Né io – afferma Figliuzzi – né Loielo, che era sempre con me, abbiamo mai avuto soldi né per gli appostamenti e né per gli omicidi. Non so però se altri soggetti che facevano gli appostamenti venivano pagati”.

I soldi per i killer macedoni. A fare da tramite fra i killer macedoni Vasvi Beluli (Jmmy) e Arben Ibrahimi (Alberto) residenti a Canino, in provincia di Viterbo, sarebbe stato proprio Nicola Figliuzzi attraverso Salvatore Callea, il reclutatore di sicari a pagamento residente a Castellace di Oppido Mamertina. “Ricordo che il denaro che la Iacopetta dava al figlio Giuseppe lo usavamo per il viaggio e per pagare sia i killer Jimmy ed Alberto che Callea Salvatore. I pagamenti ai killer, Patania Giuseppe li faceva alla mia presenza, mentre dei soldi che venivano dati a Callea ho saputo – dichiara Figliuzzi – solo in quanto mi veniva riferito da quest’ultimo”.

Il potere di vita e di morte. Il collaboratore di giustizia spiega infine chi, più di tutti gli altri, aveva il potere di decidere gli omicidi. “Patania Giuseppe – rivela Figliuzzi – era quello che organizzava quasi tutto insieme a Salvatore. Loro due erano quelli che comandavano di più all’interno della famiglia. Nel corso delle riunioni erano Giuseppe e Salvatore che decidevano cosa si doveva fare e cosa non si doveva fare. Erano loro che decidevano chi e quando doveva morire. Giuseppe non partecipava materialmente agli omicidi ma diceva a tutti quello che dovevano fare. Patania Salvatore aveva lo stesso ruolo di Patania Giuseppe. Patania Saverio – continua Figliuzzi – era invece quello con cui andavamo sempre da Mancuso Pantaleone, detto Scarpuni, per parlare degli omicidi che i Patania dovevano commettere”.

I Bonavota di Sant’Onofrio nel mirino di Mancuso. “So che c’erano anche degli altri omicidi – conclude il collaboratore – che Mancuso voleva fare, credo dei Bonavota, ma Patania Salvatore e Giuseppe dicevano a Saverio di riferire a Mancuso che prima avrebbero dovuto fare gli omicidi che interessavano a loro, cioè ai Patania, e solo dopo quelli che voleva Mancuso”. 

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