Rodolfo Ruperti ha incontrato la stampa snocciolando i numeri dell’attività svolta e indicando le priorità: «Il nostro obiettivo è costruire una cornice di sicurezza. Questa non è più la città delle risse, chi sgarra lo cacciamo»
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«Un tempo a Vibo si sparava, c’erano i morti ammazzati a terra quasi ogni giorno. Quando un Mancuso scendeva in città c’era la fila per mostrarsi con lui a braccetto. Oggi la mafia è cambiata ma c’è ancora, anche se la percezione di sicurezza è aumentata…». È uno dei passaggi chiave delle dichiarazioni del questore di Vibo Valentia, Rodolfo Ruperti, che oggi ha incontrato la stampa per un consuntivo dell’attività svolta nel 2025 ormai agli sgoccioli. Un anno di lavoro improntato alla prevenzione, alla presenza costante sul territorio e a una sicurezza percepita come concreta dai cittadini. È stato questo il filo conduttore.
«L’obiettivo - ha spiegato Ruperti - è costruire quella che noi chiamiamo una cornice di sicurezza. Durante l’anno non ci sono stati episodi particolarmente eclatanti e abbiamo lavorato su ciò che emergeva di volta in volta». Un risultato che il questore attribuisce al lavoro corale della struttura: «Ringrazio tutti i funzionari, tutto il personale e anche i sindacati che si sono distinti per l’impegno profuso».
Un un anno in numeri
Dal punto di vista numerico, il bilancio restituisce dati significativi. «Tra arrestati (49, ndr) e denunciati siamo a circa 500 persone nel corso dell’anno». Sul fronte della prevenzione, la Questura ha emesso «quasi 150 avvisi orali e 78 fogli di via obbligatori», misure che assumono un peso particolare in un territorio dove i luoghi di aggregazione sono concentrati in pochi centri. «Vibo Valentia, Tropea, in parte Nicotera e marginalmente Serra San Bruno: quando allontaniamo soggetti molesti da questi contesti, soprattutto nei fine settimana, l’effetto deterrente è evidente».
«Vibo non è più la città delle risse»
Un effetto che, secondo il questore, ha prodotto risultati concreti anche sul piano della sicurezza urbana. «Le risse, che in passato rappresentavano una costante e minavano la percezione di sicurezza, sono state poche e, soprattutto, nessuno ha utilizzato armi. Questo non è casuale: i controlli sulle arterie di accesso alla città, i servizi appiedati e le numerose perquisizioni ci hanno consentito di intercettare coltelli, tirapugni e armi improprie. A quelle persone abbiamo fatto i fogli di via: se tornavano, tornavano disarmate». Un dato che Ruperti rivendica con convinzione: «La prevenzione ha attenuato in maniera obiettiva la pericolosità. Ed è una strada che continueremo a percorrere».
Daspo ai violenti
Ampio spazio è stato dedicato anche ai provvedimenti legati alla violenza correlata al mondo dello sport ma non solo. «Abbiamo emesso 101 Daspo. Molti sono quelli classici legati agli eventi sportivi, ma ci sono stati casi particolari: un Daspo di otto anni a un tifoso di Lamezia che ha aggredito senza motivo un passante a fine partita qui a Vibo, e cinque anni a un giocatore che ha colpito un arbitro. Non sono pochi».
Codice rosso
Non meno rilevante l’attività sul fronte della violenza di genere e degli atti persecutori. «Abbiamo proposto 40 persone per la sorveglianza speciale, effettuato accertamenti patrimoniali e adottato 19 ammonimenti per atti persecutori e 21 per violenza domestica». Un aumento che, secondo Ruperti, va letto anche alla luce di una maggiore consapevolezza dei cittadini, che se «molti ancora non conoscono questi strumenti». «Abbiamo cercato di pubblicizzarli, perché l’ammonimento (31 ne sono stati emessi nel corso del 2025, ndr) è un cartellino giallo che spesso consente di risolvere situazioni delicate senza esporre ulteriormente le vittime».
Ammonimento d’ufficio
Il questore ha citato un caso emblematico: «Abbiamo fatto un ammonimento d’ufficio anche senza querela. La vittima, una donna che abbiamo notato veniva strattonata dal suo compagno proprio nei pressi della Questura, non voleva denunciare perché temeva l’arresto dell’altra persona. Invece, con l’ammonimento siamo riusciti a intervenire e a dissuadere l’uomo da ulteriori atteggiamenti violenti, interrompendo così una spirale pericolosa».
La ‘ndrangheta è cambiata ma c’è ancora
Alla domanda sul contrasto alla ‘ndrangheta, Ruperti ha risposto con una battuta ma senza ambiguità: «Alla mafia ci lavoriamo, non vi preoccupate. Oggi è un fenomeno più nascosto rispetto al passato. Non è più quella che si presentava a volto scoperto per chiedere il pizzo. Questo significa che la coscienza sociale è cresciuta e che i cittadini sanno di poter trovare risposte nelle istituzioni». A questo proposito, il massimo dirigente di polizia, tornato a Vibo come questore dopo gli anni trascorsi a capo della Squadra Mobile dal 2000 al 2007, ha tracciato un breve parallelo con la sua esperienza passata: «La situazione è molto diversa. Allora, quando a Vibo scendeva un Mancuso la gente faceva la fila per parlare con lui, per farsi vedere a braccetto sul corso. C’era un’ostentazione che oggi è scomparsa. E non si parlava di ‘ndrangheta, non c’erano convegni sulla mafia, anzi, c’era chi diceva che la mafia non esisteva. A Vibo si sparava, c’erano i morti ammazzati a terra. Puntualmente, ogni sabato, appena mi mettevo a tavola per cenare, mi chiamavano perché si era verificata l’ennesima sparatoria. Questo non c’è più grazie a una nuova coscienza civile e al lavoro di forze dell’ordine e magistratura. Intendiamoci, la mafia c’è ancora, ma è molto più nascosta, non ti viene a chiedere il pizzo a volto scoperto e in maniera brutale come faceva prima. Questo, per fortuna, sta scomparendo perché oggi i cittadini minacciati trovano interlocutori istituzionali che li ascoltano e intervengono».


