Dovrà essere la Corte d’Appello di Napoli a vagliare l’istanza di revisione della condanna definitiva nei confronti di Giacomo De Salvo, 50 anni, di Spilinga, condannato nel luglio 2023 dalla Cassazione a 12 anni di reclusione poiché ritenuto responsabile dell’omicidio preterintenzionale di Rocco Sainato, titolare del villaggio “Eden” a Capo Vaticano. Il fatto di sangue è avvenuto nel luglio del 2011. 

Rocco Sainato è deceduto l’1 marzo del 2013, dopo un periodo di coma nell’ospedale di Crotone, a seguito delle ferite alla testa riportate nel corso di una rissa sulla spiaggia di Grotticelle. Fatale gli è stato un colpo inferto con il palo di un ombrellone.  Alla base della rissa i pessimi rapporti di vicinato fra i due titolari di strutture turistiche a Grotticelle e il passaggio della strada limitrofa al villaggio “Eden” negato da Sainato a De Salvo. La prima sezione della Cassazione ha ora annullato con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Salerno che aveva respinto (dichiarandola inammissibile) l’istanza di revisione del processo, annullando con rinvio tale decisione e decidendo per un nuovo giudizio mandando gli atti (per competenza) alla Corte d’Appello di Napoli. Accolte, in tal senso, le argomentazioni prospettate dagli avvocati Salvatore Staiano e Valerio Vianello Accorretti.
Rispetto alla ricostruzione del fatto operata nelle sentenze di merito, gli elementi di novità prospettati nell’istanza di revisione sono consistiti nel contributo tecnico reso dal prof. Andrea Piccinini e nelle dichiarazioni confessorie dell’originario coimputato Mihalache Nicolae George. L’ausiliario ha svolto l’analisi delle macchie di sangue rinvenute sulla maglietta indossata da De Salvo il 17 ottobre 2011. Il cittadino rumeno, uno dei collaboratori di De Salvo al momento della rissa con Sainato, escusso in sede di indagini difensive, ha riferito di essere stato egli stesso a sferrare il colpo mortale alla vittima.

L’annullamento con rinvio

Per la Cassazione, la Corte d’Appello di Salerno si è mossa secondo coordinate incompatibili con i consolidati arresti della giurisprudenza. Con riferimento alla prova scientifica (relativa allo studio delle tracce di sangue sulla maglietta indossata da Di Salvo), la Corte d’Appello di Salerno non si sarebbe posta “il problema della effettiva novità del dato informativo tecnico addotto”. È stata inveceposta in comparazione – sottolinea la Cassazione – la nuova acquisizione con la prova dichiarativa che quella acquisizione aveva lo scopo di smentire rinnovando così un (già compiuto in sede di merito) giudizio di affidabilità dei testi Momoune e Marturano e richiamando altra circostanza fattuale come l’allontanamento di Di Salvo con lo sportello del furgone aperto ritenuto decisivo per smentire l’affidabilità del dato tecnico.

Si tratta, all’evidenza – ricorda la Suprema Corte – di una prima operazione che esorbita dai limiti propri della cognizione in sede di valutazione preliminare di manifesta infondatezza dell’istanza di revisione e che trascura di considerare che l’istanza, in quanto tale, si pone necessariamente in termini avversativi rispetto le prove poste a fondamento della sentenza definitiva di condanna. Lungi dal compiere un’attività meramente constatativa dell’intrinseca infondatezza dell’istanza, la Corte d’Appello di Salerno – conclude la Cassazione – ha svolto un sindacato valutativo del novum prospettato in termini che avrebbero richiesto la preventiva instaurazione del contraddittorio tra le parti”. Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli affinchè riesamini l’istanza di revisione del processo che ha portato alla condanna definitiva nei confronti di Giacomo Di Salvo.

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