Accolta un’istanza dei difensori dopo un annullamento della Cassazione su una specifica aggravante nel reato di associazione mafiosa
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La terza sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Caterina Capitò, giudici Antonio Giglio e Carlo Fontanazza) ha rideterminato la pena nei confronti di Giovanni D’Andrea, 38 anni, di Vibo Valentia, che – dopo un annullamento ad opera della Cassazione - passa ora dalla condanna a 12 anni e 8 mesi alla pena di 8 anni e 8 mesi in accoglimento di un’istanza presentata dagli avvocati Diego Brancia e Luca Cianferoni. I due legali avevano proposto opposizione all’esecuzione della sentenza Rinascita Scott (troncone con il rito abbreviato) ed al calcolo operato provvisoriamente dalla Procura generale di Catanzaro che aveva indicato una pena provvisoria da espiare in anni 9 e mesi 4 di reclusione dopo l’annullamento senza rinvio, ad opera della Cassazione, di una specifica aggravante - legata al finanziamento di attività economiche - contestata a Giovanni D’Andrea unitamente ad altri imputati. Giovanni D’Andrea - figlio di Carmelo D’Andrea, alias “Coscia d’Agnejiu, ritenuto figura di spicco del clan Lo Bianco - è stato condannato in primo e secondo grado per associazione mafiosa (in contrapposizione alla ‘ndrina dei Pardea) e usura aggravata, reati ritenuti commessi in continuazione. Il capo associativo era stato qualificato come reato più grave, con una pena iniziale che, tra aggravanti, continuazione e riduzione per il rito abbreviato, era stata fissata in 12 anni e 8 mesi di reclusione. Quindi ora la rideterminazione della pena esecutiva in anni 8 e mesi 8 di reclusione.

