venerdì,Aprile 26 2024

Un Parco delle identità per celebrare le radici sociali e culturali di Sant’Onofrio (VIDEO)

Istallati dinnanzi al Comune i busti di due sindaci illustri degli anni ’50 e ’60. Alla manifestazione presente anche il deputato Viscomi: «Qui il sentimento di appartenenza è forte e vivo»

Un Parco delle identità per celebrare le radici sociali e culturali di Sant’Onofrio (VIDEO)

Memoria e orgoglio delle proprie radici. Sono questi i concetti cardine intorno ai quali ruota l’istituzione del Parco delle identità di Sant’Onofrio, che ha cominciato a prendere forma con la realizzazione e l’istallazione di due busti che riproducono due figure di spicco della comunità santanofrese, Vincenzo Lattari e Italo Maragò, sindaci della cittadina vibonese rispettivamente negli anni ’50 e ’60. Il primo stimato musicista e regista e il secondo illustre cavaliere della Repubblica Italiana. Entrambi sono stati a lungo due importanti punti di riferimento per i cittadini di Sant’Onofrio, che l’altra sera hanno onorato la loro memoria partecipando allo svelamento dei busti posizionati dinnanzi al Comune.

Sono stati l’avvocato Domenico Sorace e l’ingegnere Franco Ciancio  a commissionare, all’Accademia Fidia, la realizzazione dei monumenti, inaugurati durante una manifestazione che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del sindaco Onofrio Maragò e del deputato Antonio Viscomi.

«Siamo davvero felici – ha affermato il primo cittadino – di onorare due personaggi illustri che hanno dato così tanto al nostro paese. L’auspicio è che questo sia il primo step di un percorso che possa condurre alla realizzazione di un vero e proprio itinerario culturale che valorizzi l’opera di chi ha dato prestigio e notorietà a Sant’Onofrio». 

Dal canto suo, il deputato Antonio Viscomi ha sottolineato gli aspetti identitari, esaltando le finalità dell’iniziativa comunale. In particolare, il parlamentare ha affermato che la comunità di Sant’Onofrio «dimostra quotidianamente di essere forte e viva, essendo animata dalla volontà di rivendicare con orgoglio le proprie radici, non in una prospettiva di chiusura verso l’esterno, ma, al contrario, come tensione al dialogo e alla partecipazione».

 

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