sabato,Aprile 20 2024

A “Pellicole scomode” il riutilizzo sociale dei beni confiscati

Si discuterà della gestione di terre e immobili strappati alla ‘ndrangheta. I ragazzi di Libera incontreranno Raffaella Conci, presidentessa della cooperativa “Terre Joniche” nata sui terreni confiscati al clan degli Arena

A “Pellicole scomode” il riutilizzo sociale dei beni confiscati

Giunge al quarto appuntamento la rassegna del cineforum “Pellicole scomode” promossa da Libera Vibo Valentia. Sabato 18 febbraio alle 16 nei locali di Palazzo Santa Chiara a Vibo, verrà proiettato il documentario “Sono cosa nostra”, diretto da Simone Alessandri e realizzato in collaborazione con RaiCinema.

I ragazzi di Libera, coordinati da Giuseppe Borrello, proseguono il progetto avviato in sinergia con il Sistema bibliotecario vibonese. Nell’incontro di sabato si parlerà dell’Italia che combatte le mafie. Si partirà da una data “storica”, il 7 marzo del 1996 quando entrò in vigore la legge 109 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.

Un sogno divenuto realtà grazie all’impegno di figure politiche come quella del segretario regionale del Pci, Pio La Torre e dell’organizzazione fondata da don Luigi Ciotti, Libera. Il documentario racconta di come oggi, sono 500 le realtà che gestiscono quelle terre e quegli immobili che erano simbolo di violenza, di morte e che dopo la confisca vengono restituite alla collettività. Quei luoghi simbolo del potere mafioso, sono oggi simbolo di lavoro, di formazione e anche di impegno di migliaia di giovani che volontariamente, vi passano l’estate nell’ambito della campagna E!stateLiberi!.

Parole e immagini per ribadire un messaggio fondamentale: “La legalità conviene” e “Si può fare”. A conclusione della proiezione ci sarà ampio spazio al confronto con Raffaella Conci, presidentessa della cooperativa “Terre Joniche” nata nel 2013 sui terreni confiscati al clan degli Arena.

La cooperativa, ad oggi, gestisce ben 100 ettari di terreni ubicati tra i comuni di Cirò e Isola di Capo Rizzuto nei quali vengono realizzati produzioni biologiche di alta qualità: «Quella di Raffaella – confermano i giovani di Libera – è un’importante testimonianza di chi vuole costruire un’alternativa economica e sociale credibile e in netta discontinuità con l’abominio criminale che ha deturpato e continua a deturpare le nostre comunità da anni».

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