Lo storico vibonese ha dato alle stampe il suo nuovo saggio che indaga sulla vita del santo e sul suo legame con l’antica Monteleone
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Nel mese di settembre 2025, edito da Streetlib di Vignate (Mi), è stato pubblicato “San Leoluca patrono di Vibo Valentia, santità della Chiesa vibonese sul finire del primo millennio” l’ultimo libro dello scrittore e storico vibonese, Michele Furci.Un volume che si snoda in quindici capitoli: dal primo, nel quale l’autore affronta il dominio nel territorio calabrese e le relazioni ecclesiastiche che intratteneva in competizione tra Roma e Costantinopoli, al capitolo secondo in cui ricostruisce la struttura ecclesiastica dei primi secoli Cristiani che vanno dal Cenobio alle Comunità erogatrici di servizi civili.
Il culto dei Santi patroni

Nel capitolo terzo invece tratta della nascita del culto ai santi patroni, mentre nel capitolo quarto evidenzia l’ordinamento e l’evoluzione ecclesiastica ispirata dal monachesimo seguace di San Basilio di Cesarea. Con il capitolo quinto si chiude la prima parte in cui l’autore affronta la venerazione delle immagini sacre all’inizio del contemporaneo terzo millennio.
Nella seconda parte si occupa con il capitolo sesto del santo patrono di Vibo Valentia San Leoluca, ricostruendo l’ambiente storico in cui visse e di seguito nel successivo capitolo dei lineamenti agiofrafici. Quindi segue nei capitoli successivi la ricostruzione del culto ampiamente documentato a Monteleone sin dall’inizio del XIII secolo, il profilo storico tratteggiato dalla tradizione vibonese, la tradizione secondo cui fra' Leoluca fu abate del convento di Vena, le incursioni saracene della fine del IX secolo e il trasferimento a Monteleone, dove in seguito si svilupperà il culto nel Duomo.
Il legame tra San Leoluca e Monteleone
Si accenna un’ipotesi sui toponimi di “mons leonis” e “cor leonis” che danno il nome alle due città, Vibo e Corleone, in cui è nato e vissuto, per chiudere il volume con i capitoli tredicesimo, in cui si documenta la tradizione che vuole Monteleone risparmiata dai terremoti per intercessione di San Leoluca, cui seguono il quattordicesimo nel quale si parla del tentativo di spostare la data della sua festa, e il quindicesimo che ricostruisce il Premio internazionale della testimonianza, il Comunitarium, le giornate leuluchiane, l’elenco dei parroci e una significativa breve iconografia.
Vuoto esistenziale senza culto
In un contesto storico di mutamenti epocali negli stili di vita, nel rapporto relazionale tra persone sempre più interconnesse con ogni tipo di social, si avverte sovente un vuoto e una solitudine che soltanto un nuovo umanesimo cristiano potrà colmare. Un mondo contemporaneo in cui più entità del creato, in particolare persone e sistemi territoriali, reti locali e globali si collegano tra loro in modo reciproco, senza un soggetto che li unifica e li pone di fronte alla limitatezza e alla temporaneità dell'esistenza umana, finisce inevitabilmente per creare relazioni di interdipendenza dal soggetto più influente o che ha il dominio reale sulla società.
Il radicamento delle comunità cristiane in Calabria e il vissuto di santità, come il Patrono di Vibo Valentia a ridosso degli ultimi secoli del primo millennio, ci riconducono al valore della crescita sociale con un orizzonte caratterizzato dall'interdipendenza a qualcosa che va ben oltre i limiti della materialità. Le esperienze delle santità legano gli individui al reciproco sostegno, giacché si basano sulla congiunzione del bisogno interiore individuale alla condivisione al destino della comunità cui si appartiene. L'interdipendenza nella pietà popolare è un fenomeno straordinariamente attuale per capire come le pratiche devozionali, sebbene individuali, in realtà si intrecciano con la vita comunitaria. Un processo sociale di cui in questo inizio di terzo millennio c'è proprio bisogno per ricreare un tessuto ricco e dinamico di fede e tradizioni relazionali collettive. In questa dimensione storicistica, l'approfondimento della materia che riguarda la pietà popolare, sebbene abbia aspetti teologici riguardanti in particolare lo studio di Dio e della dimensione trascendente della religione, assume anche in una visione laica un valore concreto per dare senso dell'appartenenza a qualcuno e a qualcosa che con la sua spiritualità va oltre la quotidianità dell'esperienza e della realtà empirica.
Fondatore di un nuovo modello di civiltà
Il vissuto di San Leoluca, unito alla dimensione salvifica che gli ha attribuito e riconosciuto la pietà popolare nei secoli successivi alla sua dipartita, testimonia nelle due città che l'hanno elevato a Santo Patrono un bisogno esistenziale che ha contraddistinto e tuttora caratterizza quanti hanno il dono della fede. La ricostruzione storica del suo vissuto, compresa la diatriba sul posto dove l'abate Leoluca completò la sua missione terrena, in realtà sostanzia ciò che in questo ambiente storico sembrerebbe non più attuale. Eppure i santi Patroni, esaminando il loro profilo storico e quello delle comunità che li rivivono annualmente con le feste liturgiche e civili, documentano un senso di appartenenza e di vita collettiva difficilmente riscontrabile in altro momento che registra numeri record di spettatori meramente fine a sé stessi.
La storia del santo Patrono di Vibo Valentia, dopo aver percorso l'intero secondo millennio come fede tributatagli dalla pietà popolare cittadina, ha il pregio di elevare in una dimensione più vasta il portato della santità del proprio Patrono. Lodevole l'idea del Premio Internazionale della Testimonianza, cui è seguito il Comunitarium e ora anche le edizioni Leolucanie. Sono concrete iniziative di fede che possano rigenerare il senso per cui nel lontano IV secolo le comunità urbanizzate sentirono il bisogno dare origine alla figura del Santo Protettore sul piano spirituale in ogni comunità. Oltre a un momento di fede, il culto al santo patrono realizzò sul piano antropologico una grande svolta comportamentale dei cittadini, al punto che il suo avvento è ritenuto storicamente fondatore di un nuovo modello di civiltà.

