venerdì,Aprile 26 2024

Colelli: «All’economia vibonese servono contanti, non favori fiscali»

Il coordinatore del Pd di Vibo scrive al segretario Zingaretti e al ministro Provenzano: «Rischiamo il deserto economico dopo questa crisi: le misure pensate possono valere per il Nord, non qui da noi»

Colelli: «All’economia vibonese servono contanti, non favori fiscali»
Francesco Colelli

La salute al primo posto. Ma l’economia quasi. Perché in un territorio già al collasso come Vibo Valentia, con un tessuto socio-economico a brandelli, è sufficiente molto meno di una pandemia per mandare tutto all’aria. Figurarsi ora che la pandemia c’è davvero. E quindi servono misure diverse rispetto a quelle pensate dal Governo. È questo il pensiero di Francesco Colelli e del coordinamento cittadino del Pd di Vibo Valentia, che hanno spedito una lettera al segretario nazionale Nicola Zingaretti e al ministro per il Sud Giuseppe Provenzano.

«Non si possono più rimandare – scrive Colelli – interventi economici che, per come vengono presentati, rischiano di essere inadeguati ed insufficienti e, soprattutto, lasciano intuire che l’Italia sia economicamente uguale da Bolzano a Canicattì. Non è assolutamente così. Il nostro territorio, Vibo Valentia, ma lo stesso vale per la Regione Calabria, vive da anni una situazione economica drammatica, dettata dallo spopolamento dei nostri centri, dalla chiusura di grandi impianti (ad esempio Italcementi) e della consequenziale morte dell’indotto economico, dalla morte del piccolo commercio che era il cuore pulsante della nostra città, dall’indebitamento degli enti locali che ne ha annullato i servizi, in modo particolare per le fasce più deboli».

Il coordinatore del Pd vibonese ricorda poi che la crisi che oggi affrontano Milano o Bergamo «noi la stiamo già vivendo da almeno dieci anni». Il rischio, quanto mai concreto, è che il post-epidemia in questa provincia «creerà un vero e proprio deserto economico con micro e medio imprese che, con buone probabilità, non riapriranno le loro attività e che, oggi, si vedono abbandonate da uno Stato che fa gli occhi dolci a Confindustria e quasi si dimentica dei gradini economici più bassi. Le vostre misure si basano sull’accesso al credito, in sintesi “indebitatevi per ripartire”, come se debiti le nostre aziende non ne avessero già abbastanza. Evocate percentuali di credito di imposta per recuperare i fitti, ma trascurate il fatto che ai piccoli imprenditori oggi manca la liquidità anche per pagare una bolletta. Parlate di rinvio dei versamenti fiscali; ma, se non si hanno i soldi ora, non vediamo con quali “mancati guadagni” si potranno fare i versamenti a maggio.

Dite che “nessuno sarà lasciato indietro”, ma sappiate che l’azienda messa meglio, qui, deve tre o quattro mensilità ai propri dipendenti; non perché siano tutti ingordi spendaccioni, ma semplicemente perché già si facevano i conti con la povertà prima dell’epidemia di coronavirus. Dite bene che bisogna pensare anche ai “senza reddito”, a chi sopravviveva con qualche giornata su un cantiere, magari anche “in nero”, quegli stessi che oggi sono affidati alla solidarietà della collettività, dimenticati, ultimi fra gli ultimi. E i professionisti? Dopo averli messi nelle mani delle casse di categoria, le stesse a tutt’oggi continuano a latitare, non garantendo alcun tipo di sussidio per far fronte a spese professionali e familiari. Parlate di stop a mutui e prestiti, ma le rate continuano ad essere riscosse.

Parlate di “fine della crisi” ma sappiate che qui molte attività non riapriranno proprio alla fine del lockdown e molti stanno pensando in quale paese emigrare per lavorare. In sintesi, caro segretario e caro ministro – è la conclusione di Colelli – ci apprestiamo a sconfiggere il virus creando un deserto economico e sociale senza precedenti. Al nostro partito adesso spetta una scelta epocale, capire chi vogliamo rappresentare: le grandi lobby economiche oppure lavoratori, partite Iva, professionisti e piccoli imprenditori? A voi la scelta».

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