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Da Pannaconi all’orrore dei campi di concentramento, la storia del maestro Ventrice in un diario

La drammatica esperienza nei lager nazisti, la fede e il rispetto delle regole. Il “professore” terminata la guerra fece ritorno nel suo paese divenendo un fulgido esempio di «educazione civica»

Da Pannaconi all’orrore dei campi di concentramento, la storia del maestro Ventrice in un diario
Il maestro Ventrice

Il “professore” Ventrice. A Briatico, nonostante la sua dipartita anni fa, la sua figura è ad oggi ricordata con profondo affetto e stima. Nicola Domenico Ventrice, sopravvissuto ai lager nazisti, nel gennaio 2014 ricevette dal prefetto di Vibo Valentia, la medaglia d’onore. La sua vita – terminata nel 2019 alla veneranda età di 98 anni – fu un esempio di onestà e coraggio. Una storia, quella del semplice maestro, che – in una epoca di sanguinosi conflitti – insegna l’importanza della memoria, del rispetto, della democrazia conquistata a caro prezzo.

Bandiera italiana, foto pixabay

Nicola Ventrice era nato a Pannaconi, frazione di Cessaniti il 27 febbraio del 1921. Dopo le scuole elementari si era trasferito a Vibo dove aveva conseguitò il diploma all’Istituto magistrale. La guerra non risparmiò il giovane vibonese che, nel 1942 partì alla volta del servizio militare per poi frequentare il corso allievi ufficiali all’Aquila. A Novara, nel 1943, ebbe inizio la sua prigionia. Venne deportato nei campi di concentramento nazisti fino all’agosto del 1945. Solo dopo lunghi anni, Nicola Ventrice fece poi ritorno a casa, provato per la drammatica esperienza nei campi di sterminio. La scuola divenne la sua seconda casa e per lungo tempo, dal 1947 al 1974, dedicò la sua vita all’insegnamento. Tra i passaggi salienti della sua esistenza, il matrimonio con Francesca Conocchiella ma anche l’impegno nel sociale e nella politica (fu vicesindaco a Briatico negli anni Settanta).

L’orrore dei campi di concentramento, l’atrocità delle persecuzioni rivivono in un diario dal titolo “Da Pannaconi a Przemisl, Trabrennbahn e ritorno”. Il diario è stato scritto durante il lungo periodo di internamento nei vari campi di concentramento e sterminio (Stalag), prima in Polonia e poi in Germania. Pensieri scritti su pezzi di carta con dei carboncini, poi riportati in un’unica raccolta, curata appunto dal nipote Giuseppe Conocchiella, con la prefazione di padre Lorenzo Di Bruno, uno dei suoi tanti alunni di San Costantino di Briatico: «Quando riuscì a fare ritorno al paese – spiega il nipote – trascrisse in una agenda quanto aveva annotato in alcuni giorni di quella devastante esperienza, i momenti che per lui erano stati più significativi». Nel suo racconto illustrava non solo gli spostamenti logistici che da Pannaconi, a piedi, lo portarono a Novara dopo 5 giorni ma anche le sensazioni, i volti della gente: «Dai sentimenti di spaesamento dell’esercito all’indomani della firma dell’Armistizio, la gioia del popolo alla notizia della fine della guerra, la fuga degli alti comandanti dalla stazione di Novara, l’arrivo dei tedeschi e la deportazione». Ma non solo. Gli scritti raccontano il dolore del giovane ufficiale, le sofferenze patite in prigionia, il legame con la sua Pannaconi e la devozione alla Madonna della Lettera, la nostalgia degli affetti, la fede e la speranza di far ritorno a casa: «Lo zio – sottolinea Conocchiella – era un uomo rigido, ligio alle regole, attaccato alle tradizioni cristiane, amorevole e premuroso. Anche in tarda età, continuava a studiare e leggere. Lo chiamavano “il professore”». Amava profondamente i suoi studenti, «tant’è che ancora oggi tanti suoi ex alunni, molti dei quali hanno raggiunto traguardi professionali di livello, lo ricordano con stima e grande affetto. Un aneddoto? Era solito portare i ragazzi anche a contatto con la natura seguendo il sentiero da San Costantino a monte Lapa. Nel corso della passeggiata didattica, spiegava le varie piante, le colture. Era un maestro all’avanguardia per quei tempi. Per i ragazzi che lavoravano, poi, impartiva anche lezioni serali, al fine di garantire loro una minima istruzione». Un ritratto inedito di un uomo segnato dalle atrocità ma che seppe trasmettere ai giovani di San Costantino e di Briatico grandi insegnamenti, «su tutti, l’onesta verso i propri valori. Fu davvero, per la generazione degli anni ’50 e ’60, un esempio di educazione civica e di amore verso la comunità».

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