Dimissioni Mangialavori, Ali di Vibonesità: «È stato l’unico a denunciare ciò che anche altri vivono. Ora bisogna salvare lo Jazzolino»
L'associazione al fianco del primario di Ginecologia che ha deciso di lasciare l'incarico parlando di «situazione gravissima» all'ospedale. Proposta l'istituzione di un "difensore della sanità civica"

Sullo stato della sanità vibonese e su quanto accaduto nelle ultime settimane all’ospedale Jazzolino, interviene oggi l’associazione Ali di Vibonesità. A far discutere in queste ore sono soprattutto le dimissioni del primario di Ginecologia dell’ospedale di Vibo, arrivate in seguito a due casi avvenuti in reparto che hanno scosso l’opinione pubblica: la morte della 32enne Martina Piserà incinta al settimo mese e la denuncia che una donna ha presentato dopo aver perso il feto al quinto mese di gravidanza. Il dottore Vincenzo Mangialavori ha però spiegato di aver deciso di lasciare l’incarico non per questi episodi, ma per la grave situazione in cu versa l’ospedale. Le sue dimissioni, dice oggi Ali di Vibonesità, «vanno respinte in tutti i sensi e non soltanto per quanto da egli stesso denunciato a più riprese e puntualmente senza alcuna risposta».
«Nel sistema sanitario vibonese – prosegue in una nota il sodalizio -, in panne, da anni, non è solo Ginecologia ma anche e soprattutto il Pronto Soccorso, dove alla quotidiana e forte spinta del Direttore dell’Unità Operativa, Enzo Natale, tra l’altro anche Presidente dell’Ordine dei Medici, e di tutti i collaboratori tra medici, infermieri, Oss e quant’altro, per ridurre i disagi e le difficoltà di sempre, non corrisponde la più adeguata attenzione del managment ed in particolar modo da parte del Presidente e Commissario straordinario per la sanità in Calabria Roberto Occhiuto».
E ancora, si legge nella nota diffusa da Ali di Vibonesità: «Delle dimissioni del dottor Vincenzo Mangialavori si sono occupati la conferenza dei sindaci, in particolare il sindaco Enzo Romeo, nella sua qualità di massima autorità sanitaria comunale e tutto il circuito sanitario che insiste su Vibo e dintorni, invitandolo a desistere, riconoscendo al dottor Vincenzo Mangialavori la sua indiscussa capacità professionale ma soprattutto i suoi reiterati tentativi che hanno conosciuto sempre e solo silenzi sulla costante e inascoltata denuncia legata allo stato di abbandono dell’unità operativa incriminata. Si da il caso che il dottor Vincenzo Mangialavori sia stato l’unico, al momento, ad imboccare la via delle dimissioni, trovando il coraggio di dire ciò che altri pensano, vivono e non dicono o denunciano. Perché? Anche se resta indiscutibile che l’Ospedale, nella sua più complessiva funzione, resta dotato di unità operative che lo rendono agibile e in grado di accogliere e dare risposte adeguate ai pazienti in emergenza, grazie allo straordinario e forse indefinibile impegno e passione dei tantissimi operatori sanitari e non che danno l’anima ed ogni possibile energia professionale e umana».
L’associazione vibonese parla quindi di una «“nascosta denuncia” di tantissimi cittadini che non appare ma è nei fatti, nei numeri e che riguarda il sempre più drammatico mal funzionamento di alcune attività ospedaliere. Uno stato di cose che spinge la coscienza dei cittadini a ribellarsi di fronte al pressapochismo e alla pochezza culturale e programmatica di Roberto Occhiuto e del suo apparato che lo circonda. Resta viva la convinzione nei cittadini che bisogna fare di tutto per non chiudere lo Jazzolino. Sarebbe un gesto intollerabile e non soltanto per i cittadini di fascia debole, isolati, abbandonati spesso alla loro micidiale solitudine. Forse sarebbe il caso di cambiare sistema di valutazione sulla assurda condizione che vivono l’ospedale di Vibo Valentia ma anche i servizi sul territorio. Occorre – questa la proposta di Ali di Vibonesità – un “difensore della sanità civica” (guardando alla riforma della sanità) capace di tutelare in via prioritaria i bisogni più attuali. Un difensore dei diritti del cittadino pronto ad avviare un tavolo di trattative per dichiarare basta alla cultura delle chiacchiere e delle promesse per passare, subito, ad attivare una “cultura della necessità” che permetta la fine dell’attuale e superato sistema di confronto per spianare la strada ad un nuovo concorso di idee per superare disagi e difficoltà di tutti i momenti».