giovedì,Aprile 18 2024

Il Vibonese e quelle casematte, silenziose testimoni della seconda guerra mondiale

Invito a conservarle e salvaguardarle a difesa della memoria collettiva e come monito per le generazioni future contro il ripetersi della follia bellica

Il Vibonese e quelle casematte, silenziose testimoni della seconda guerra mondiale
La casamatta nei pressi di Bivona
La casamatta nel territorio di Ionadi

Sono sopravvissute per ottanta anni all’azione dell’uomo e ancora se ne possono incontrare lungo la costa e in alcuni punti nevralgici del sistema viario vibonese, tracce indelebili della seconda guerra mondiale. Le casematte hanno resistito alle operazioni belliche e al trascorrere del tempo. Esse sono un museo a cielo aperto. Occorre conservarle e salvaguardarle a difesa non più di attacchi nemici, ma della nostra memoria collettiva e come monito per le generazioni future contro il ripetersi della follia della guerra. Non può, quindi, che ricevere piena  approvazione l’iniziativa promossa dall’amministrazione comunale di Ionadi, nel cui territorio ricade una delle meglio conservate fortificazioni di questo tipo, che ha scelto di celebrare la ricorrenza del 4 Novembre presso questo simbolo dell’ultimo conflitto in un momento in cui soffiano sempre più forti i venti di guerra e occorre riaffermare con forza il generale anelito di pace. Fu proprio in quella zona, infatti, che si registrò il maggior numero di vittime, sia civili che militari, del territorio vibonese. [Continua in basso]

Dopo l’invasione anglo-americana della Sicilia (operazione Usky luglio ’43) apparve subito chiaro che l’avanzata alleata si sarebbe sviluppata lungo la direttrice sud-nord, per cui gli alti comandi italo-tedeschi decisero la costruzione, specialmente lungo le coste, di una serie di fortificazioni con lo scopo di meglio organizzare la difesa del territorio nell’eventualità, molto probabile, di sbarchi, ma forse dimenticando che la guerra di posizione apparteneva alla prima guerra mondiale. Il 3 settembre 1943 gli Alleati attraversarono lo Stretto (operazione Baytown) iniziando a risalire la penisola senza quasi incontrare resistenza in quanto le truppe tedesche si stavano ritirando velocemente in direzione di Salerno dove era previsto uno sbarco in grande stile che avrebbe avuto come obiettivo la liberazione di Roma. Le casematte, piccoli bunker in cemento armato del diametro di circa 20 metri e uno spessore minimo di 60 centimetri erano dotate di feritoie per garantire una copertura di fuoco che copriva una visuale di 360°. Non furono, come erroneamente si crede, costruite dai tedeschi bensì progettate e realizzate dalla Regia Marina italiana in collaborazione con l’Esercito.

Facilmente mimetizzabili agli attacchi aerei per la loro forma circolare, furono tutte costruite tra il luglio e settembre 1943. Le previsioni degli alti comandi non risultarono infondate, in quanto due delle azioni militari più importanti registrate in Calabria durante la seconda guerra mondiale si svolsero proprio nel territorio vibonese: lo sbarco alleato a Vibo Marina del 7-8 settembre 1943 e la distruzione dell’aeroporto di Vibo seguita dall’avanzata dell’8^ Armata del generale Montgomery attraverso la Statale 18. Sul piano militare, furono tuttavia poco utilizzate sia dagli italiani, in quanto in quei giorni a cavallo dell’8 settembre tirava già aria di smobilitazione fra le truppe, sia dai tedeschi che non opposero una tenace resistenza all’avanzata anglo-americana in quanto avevano ricevuto l’ordine in codice (Fuerbrust- Il fuoco brucia) di dirigersi velocemente verso Salerno.

Nel territorio vibonese se ne possono incontrare ancora almeno quattro in perfetto stato di conservazione: una posta sul litorale nei pressi del lungomare di Bivona, mentre le altre si trovano presso il bivio aeroporto di Vibo, dove si svolgerà la cerimonia di commemorazione, poi presso la fine della struttura dell’Arma dei carabinieri e un’altra ancora in una delle curve che sovrastano Tropea.

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