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Vibo, “Scuola Dentro”: presentato progetto promosso dall’Ipseoa e dal carcere minorile di Catanzaro

Un percorso formativo che cerca di dare risposte concrete al fenomeno del disagio giovanile che allarma e interroga i modelli che la società esprime verso le nuove generazioni

Vibo, “Scuola Dentro”: presentato progetto promosso dall’Ipseoa e dal carcere minorile di Catanzaro
Uno scatto dall'incontro

Nell’aula Magna dell’Ipseoa “E. Gagliardi” si è svolta la manifestazione di inaugurazione del progetto “Scuola dentro” con lo scambio simbolico della convenzione stipulata tra la scuola e l’Istituto penale per i Minori “Paternostro” di Catanzaro. Protagoniste dell’atto rituale la dirigente scolastica Eleonora Rombolà e la presidente del Tribunale dei Minori di Catanzaro Teresa Chiodo. L’obiettivo principale del progetto è dare delle risposte concrete al preoccupante fenomeno del disagio, della devianza e della delinquenza minorile. Testimoni e protagonisti diverse autorità istituzionali, del mondo scolastico e associativo, alla presenza degli studenti del “Gagliardi” ma anche di altri istituti della secondaria di primo grado. Sono intervenuti il prefetto di Vibo Valentia Paolo Giovanni Grieco, il procuratore della Repubblica Camillo Falvo, il vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea monsignor Attilio Nostro, il vicedirettore dell’Ipm Gennarino Del Re, il sindaco di Vibo Valentia Maria Limardo, il presidente Unicef Vibo Valentia, Gaetano Aurelio e i diversi dirigenti scolastici, insegnanti e alunni della secondaria di primo grado che hanno aderito all’invito, con la partecipazione della referente regionale e provinciale Consulta degli studenti Franca Falduto, insieme ai vertici provinciali delle forze dell’ordine, i colonnelli Massimo Ghibaudo (Guardia di Finanza) e Luca Toti (Carabinieri). Inoltre era presente anche il presidente della Bcc Calabria Ulteriore Sebastiano Barbanti (l’istituto bancario insieme all’Artigiano della ‘nduja Luigi Caccamo, sponsorizzano il progetto). L’incontro è stato moderato da Nicola Rombolà, referente della comunicazione del Gagliardi. «Il progetto “Scuola dentro” ha colto nel segno dei tempi: tutte le autorità hanno elogiato il “Gagliardi” per l’iniziativa e per come saranno articolate le attività. È stata un’occasione per incontrarsi e incontrare gli studenti con la consapevolezza che sia necessario mettere insieme le varie istituzioni del territorio per la costruzione di valori capaci di dare risposte alle inquietudini che minacciano il presente e il futuro dei giovani». Lo ha ribadito la dirigente scolastica Eleonora Rombolà nel suo intervento introduttivo indicando nella “responsabilità della scuola” la chiave per creare compartecipazione con le altre istituzioni del territorio, per dare delle risposte efficaci e tempestive. Si è rivolta in particolare agli studenti «che oggi vivono con noi questo momento di accoglienza e di gioia, di prospettiva di fiducia in un futuro da costruire». Ha sottolineato che le nuove generazioni stanno vivendo non solo di un «disagio giovanile ma esistenziale, che coinvolge tutti, la popolazione adulta che è estremamente disorientata e che quindi ha necessità di avere delle risposte. In questa visione – ha aggiunto – la scuola si assume delle responsabilità individuali e collettive. Noi – ha osservato ancora la dirigente del “Gagliardi”– riteniamo indispensabile assumerci le nostre responsabilità». Per queste ragioni ha ringraziato tutti i vari rappresentati e autorità presenti, a partire dai dirigenti del primo e secondo ciclo di Vibo (Tiziana Furlano, Raffaele Vitale, Giuseppe Sangeniti, Luisa Vitale, Angelo Stumpo e gli alunni dei vari plessi: San Gregorio, Piscopio, Sant’Onofrio Monterosso Calabro, San Costantino, Pizzoni, Vazzano, Convitto Filangeri, Vibo Marina) che rappresentano «un fronte comune per individuare delle soluzioni» ad un fenomeno che più di «disagio, devianza e delinquenza minorile» si tratta di «vuoto esistenziale, in quanto viviamo in una fase in cui ogni certezza è venuta meno». E in questa assenza di riferimenti «si insinuano il senso di rabbia, di frustrazione, l’incapacità di gestire delle emozioni che spesso sconfinano nella trasgressività e diventano devianza e delinquenza anche nell’inconsapevolezza, quando si ha a che fare con giovani e adolescenti che non comprendono la portata del loro agire e le conseguenze».

«L’elaborazione dell’idea nasce dall’osservazione dei risultati dello sportello di ascolto». Lo ha spiegato una delle referenti del progetto Giusy Cesari, insieme a Pamela Ciambrone, presentando le attività e le finalità del progetto. E “l’ascoltare” è stata l’altra parola chiave, ribadita nei diversi interventi, per declinare il preoccupante fenomeno del disagio giovanile e della devianza che può sfociare in delinquenza. Ha metterlo in luce in particolar modo la presidente del Tribunale per i Minori di Catanzaro Teresa Chiodo, che insieme al procuratore Camillo Falvo ha relazionato sul fenomeno, focalizzando “la funzione del Tribunale: «È un nostro principale obiettivo ascoltare non solo nei processi penali ma anche per quanto riguarda la crisi della famiglia. L’ascolto è la prima base per comprendere ed elaborare le proprie frustrazioni, le proprie insoddisfazioni. E non è un’operazione meccanica. Per comprendere il valore dell’ascolto c’è un ideogramma cinese che rappresenta simbolicamente l’atto di ascoltare formato da tante figure: un trono, l’orecchio, l’occhio e il cuore». In collegamento dall’Ipm “Paternostro” di Catanzaro è intervenuto il vicedirettore Gennarino Del Re al posto del direttore Francesco Pellegrino, ribadendo in particolare l’apertura del carcere minorile all’esterno per cercare di abbattere i muri del pregiudizio: «E grazie al direttore Pellegrino siamo riusciti ad uscire sul territorio. Perché serve soprattutto come esperienza per chi viene e scopre la nostra realtà». Del Re ha richiamato l’attenzione sul fatto che «i ragazzi sono simili a quelli che sono fuori. Bastano pochi minuti per chi viene per rendersene conto». Quindi è di fondamentale importanza riuscire ad avvicinare il mondo esterno a questo mondo particolare. «Il carcere minorile ha una dimensione diversa rispetto al carcere per adulti. C’è una qualità e una quantità di operatori del sociale che è estremamente maggiore rispetto al carcere per gli adulti. Ad esempio nel nostro istituto abbiamo un rapporto 1 a 3, uno a 4. Riteniamo che progetti di questo genere siano molto importanti».

Una sintetica analisi storico-culturale del contesto sociale in cui si manifesta il disagio giovanile e le conseguenze che il fenomeno determina, è stata fatta dal procuratore Camillo Falvo, il quale ha esordito esprimendo entusiasmo per il progetto. In uno dei passaggi del suo intervento ha voluto sottolineare il fatto che il Vibonese sta «vivendo un momento storico topico, perché negli ultimi dieci anni ha subito, dal punto di vista sociale, con riferimento alle devianze e alla criminalità, una rivoluzione copernicana. Tutto quello che non è stato fatto per tanti anni per vari motivi – ha aggiunto il procuratore – ha determinato la criminalizzazione del tessuto sociale». Ed ha proseguito ribadendo il lavoro che è stato portato avanti con grande impegno, che però non ha avuto riscontro nella società: «È stato fatto tanto. Quello che noi ci aspettavamo era una risposta sociale che purtroppo ancora non c’è stata. Non c’è stata nei termini in cui ce l’aspettavamo. L’abbiamo detto tante volte nelle diverse occasioni». E con questo spirito di umiltà che Falvo ha riconosciuto il “fallimento” degli adulti nei confronti dei giovani. «In quest’opera la nostra generazione ha fallito. Abbiamo provato ad alzare la testa ma l’abbiamo fatto poco. Sempre con timidezza, con titubanza. Noi ci aspettiamo che i giovani possano cambiare le cose, non perché io voglia responsabilizzarli troppo. Ma affinché ciò accada noi abbiamo un compito fondamentale, di grande responsabilità: quella di accompagnarli, prenderli per mano e indicare loro la strada». Intervenendo anche il prefetto Grieco ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa: «Con questa convenzione si cerca di invertire questo processo nell’intento di recuperare i giovani e reinserirli in quanto sono loro stessi le principali vittime al di là della responsabilità di ognuno perché conta il contesto, ma non dimentichiamoci che non dobbiamo creare alibi per chi delinque» e per questo «importante responsabilizzare i giovani rispetto anche a quelle che saranno le conseguenze». E di «occasione che viene offerta alla città che ha bisogno di questi messaggi che siano instillati goccia a goccia nei nostri ragazzi» ha esordito il sindaco Limardo, apprezzando la “lectio magistralis sulla problematica del disagio e sulla fragilità” fatta dalla dirigente Rombolà. Infine ha sottolineato che l’Ipseoa ”Gagliardi” ha dimostrato di porsi «come avanguardia nella conquista di spazi della legalità». Anche il vescovo monsignor Attilio Nostro ha ribadito l’importanza del progetto: «Noi abbiamo bisogno di questi progetti, di essere contagiati, provocati, se volete anche rimproverati dalla bellezza di questi progetti, in modo tale da essere stimolati a fare altrettanto. Non c’è niente di più bello di un ragazzo che recupera una abilità che non sa neppure di avere. È bene che si riappropri della vera bellezza, che non è quella di essere più grande degli altri, più forte degli altri, ma è quello si saper amare anche attraverso le piccole cose che fanno ogni giorno». Il presidente Unicef Vibo Gaetano Aurelio in prima istanza ha ricordato la mission dell’Unicef attraverso la Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; poi ha consegnato alcune parole chiave agli studenti: “scusa” a nome degli adulti «per una società che non meritate»; “speranza”, “generosità” e il “tempo” con l’esortazione a riempire «la vita non di oggetti ma di valori, non di cose ma di persone».

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