giovedì,Dicembre 5 2024

L’esortazione del vescovo per la Quaresima: «Le tenebre non prendano il sopravvento sul nostro cuore»   

Nella lettera rivolta ai fedeli monsignor Nostro ricorda anche gli evidenti contrasti e le difficoltà che contraddistinguono la società anche a livello locale

L’esortazione del vescovo per la Quaresima: «Le tenebre non prendano il sopravvento sul nostro cuore»   
La Cattedrale di Mileto e monsignor Attilio Nostro

«Carissimi fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima cade in un contesto di evidenti contrasti: non soltanto il panorama internazionale presenta diversi punti critici (guerre, migrazioni, carestie, sfruttamenti) ma anche nel contesto nazionale sempre più trova spazio una cronaca inesorabile di femminicidi, alienazione sociale, contrasti generazionali, di emergenza sanitaria, disoccupazione. A ben guardare, anche a livello locale da un po’ di tempo viviamo difficoltà paragonabili a quelli che ha vissuto San Paolo con la comunità dei Galati». Così inizia il messaggio inviato dal vescovo Attilio Nostro ai fedeli della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, in occasione dell’avvio del periodo di Quaresima che porterà alla Pasqua del 2024. Nella lettera pastorale, dal titolo “Venne la pienezza del tempo”, il presule dà subito dopo spazio alla «Parola di Dio», enunciando alcuni frangenti della missiva evangelica inviata dall’apostolo a quella comunità di fedeli. A seguire alcune dovute precisazioni. «San Paolo – spiega – era passato nella provincia romana della Galazia nel suo secondo viaggio missionario (agli inizi degli anni 50) annunciando il Vangelo di Cristo a questo popolo di lontane origini celtiche, dedito al politeismo e a riti naturali ma che aveva accolto con profonda gioia l’annuncio di Cristo, tanto da distinguersi per la generosità nella risposta, piena di slancio ed entusiasmo. Ma altri missionari avevano stravolto purtroppo l’annuncio del Vangelo, ponendo l’accento sulla legge mosaica come premessa essenziale per poi aderire a Cristo e alla Chiesa.

Il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro

Per questi ultimi il battesimo non era sufficiente, ma anzi occorreva prima la circoncisione per poi entrare nella pienezza della fede col battesimo». Monsignor Nostro sottolinea, poi, che la vocazione, la missione, l’identità e il compito dei credenti nel mondo sono sempre in pericolo «perché indubbiamente ogni fedele è tentato dal demonio a limitare la propria prospettiva, lasciandosi condizionare dai soli parametri e confini umani». Quindi, la spiegazione su cosa sia la “pienezza del tempo” di cui parla San Paolo. «Questo “pléroma” – spiega  – è stato descritto in molti modi diversi, ma certamente questa pienezza si riferisce ad un calice pieno, un duplice mistero ormai colmo tanto della iniquità umana presente, quanto della Grazia divina incipiente! Nella sequenza della Pasqua infatti canteremo, acclamando: “Morte e vita si sono affrontate in uno stupendo duello: il Signore della Vita, morto, ora regna vivo!”. Cristo prende su di sé il mistero della nostra iniquità e offre sé stesso in sacrificio soave al Padre, in un abbraccio che uccide la morte per sempre!» In questo contesto, all’attenzione dei fedeli viene poi posta la frase pronunciata da Cristo sulla croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. «Quella meravigliosa, commovente preghiera – puntualizza il vescovo – anche la recitiamo noi tutti i giorni, spesso senza accorgercene, supplicando il Signore di non abbandonarci nell’ora della tentazione e di renderci liberi dal male. Ma quella preghiera – che noi recitiamo soltanto – Gesù la vive, la fa vivere, la fa diventare vita, diventa vita nuova! È a questo che il Signore ci chiama in questa Quaresima: a non vivere condizionati dal male, quanto piuttosto a rimanere concentrati, cercando sempre e soltanto il tesoro del Bene Divino

Monsignor Nostro, così come San Paolo, esorta infine a ricordarci che, in questo tempo di incertezze e di sofferenza, «non siamo soli e abbiamo una luce che ha il potere di condurci fuori dalle tenebre, senza essere costretti ad alcun compromesso col male. E il nostro compito di figli di Dio sta proprio nel rendere testimonianza alla Luce – rimarca – senza permettere alle tenebre di prendere il sopravvento sul nostro cuore, tutto orientato a Dio Padre. San Paolo, nella parte finale del brano, esorta i suoi a vivere come figli della promessa, figli di quell’atto volontario col quale Gesù liberamente offre sé stesso per amore, trasformando così la morte stessa in aurora di vita eterna. Siamo chiamati perciò a mandare via dalla nostra vita “la madre schiava e suo figlio”; Paolo parla di Agar e di Ismaele ma parla, allegoricamente, delle nostre abitudini malate e dei pensieri tenebrosi che hanno generato queste abitudini. Il digiuno, la penitenza e la preghiera possano essere doni graditi a Dio – conclude – per ottenere un linguaggio edificante, un cervello non stolto, e un cuore nuovo, che sappia riconoscere e seguire solo ed esclusivamente quella Luce che ci insegna a trasformare le tenebre in luce, la morte in vita!».

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