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Vibo Marina e il ripristino del toponimo di Porto Santa Venere: l’opinione di Paolo Fedele

L'ufficiale della Marina: «Avrebbe un significato altamente simbolico e identitario, per farci finalmente sentire tutti appartenenti ad una comunità importante ma che finora non ha avuto voce»

Vibo Marina e il ripristino del toponimo di Porto Santa Venere: l’opinione di Paolo Fedele
Il porto di Vibo Marina e nel riquadro Paolo Fedele
Paolo Fedele

Protagonista di numerose missioni in ambito internazionale, si è distinto per professionalità e impegno profusi nelle attività di salvataggio delle vite umane in mare. In seguito destinato alla capitaneria di Porto di Napoli, da uomo con grande senso della legalità si è inevitabilmente scontrato con la difficile realtà locale, ma senza cedimenti. Subito dopo l’attività per il ripristino delle regole, era finito nel mirino di gruppi criminali. Dopo aver concluso la sua missione nella città partenopea, all’ufficiale della Marina è stato affidato un importante incarico a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente. Appartenente ad una famiglia del nucleo storico del centro costiero, ha sempre dimostrato attaccamento e senso di appartenenza verso la sua comunità pur trovandosi spesso lontano da essa. Al capitano Paolo Fedele abbiamo posto alcune domande sull’attuale argomento riguardante il possibile ripristino dell’antico toponimo di Porto Santa Venere.

Capitano, lei è originario di Vibo Marina e non ha mai perso occasione per sottolineare la sua appartenenza alla cittadina portuale dove ha iniziato il suo brillante servizio al comando di una motovedetta della Guardia Costiera. Di recente sta tenendo banco la proposta del ripristino dell’antico nome di Porto Santa Venere. Qual è il suo punto di vista?

“Mio padre, i miei zii, hanno onorato con il lavoro e con il sacrificio quel borgo di cui sono stati i primi abitanti unitamente ad altre poche famiglie. Mio nonno era conducente della locomotiva che da Porto Santa Venere arrivava a Monteleone. Era una realtà basata sul rispetto incondizionato fra i suoi componenti, sulla solidarietà e sull’amore per il proprio paese. “U portu”, quando lo nominavano erano presi da emozione dimostrando tutto il loro sentimento nei riguardi del piccolo borgo marinaro”.

Con una punta di nostalgia, l’ufficiale si lascia quindi andare ai ricordi della sua fanciullezza: “Quante belle storie ho avuto l’onore di ascoltare da mio padre e dai miei zii. La guerra, gli stenti, i bombardamenti, poi l’arrivo di monsignor Costa divenuto, a loro dire, una grande guida non solo spirituale, il dottore Cammarota padre, il dottor Satriani, mi ricordo che da piccolo erano parte della nostra famiglia perché li accomunava il senso dell’appartenenza. Mia nonna Antonia era una balia da latte, anche Murmura è stato da lei allattato. Poi la fanciullezza, miss Lido Proserpina, la devozione incondizionata per la Madonna di Pompei. Porto Santa Venere era una terra ricca di risorse in cui porre le radici e crescere, perché doveva fare di noi, dei nostri figli, come già dei nostri genitori e di tanti altri che hanno vissuto, amato, lavorato, gioito e pianto nella nostra cittadina, un posto idoneo per far germogliare i semi di un futuro generoso. Infine il sogno dell’autonomia comunale, dell’indipendenza, svanita a causa della svendita da parte di qualcuno durante il lungo e difficile percorso. Ma, ahimé, questo sogno è svanito per il barbaro avvento dei “detrattori d’identità”, che hanno sostituito la nostra cultura, la nostra identità, annullandola e facendo in modo che vi fosse l’esodo delle migliori menti che sono state costrette ad emigrare. E’ stata una silente “pulizia etnica”.

Accanto ad una larga fetta di popolazione che si identifica nell’antico toponimo, vi è anche una parte di cittadinanza, composta in maggior parte dai più giovani, che preferirebbe mantenere l’attuale nome di Vibo Marina ritenendo che, anche se cambiasse il nome, i problemi esistenti rimarrebbero tali.

“Sono fuori ormai da qualche anno unitamente ai miei figli, ma con il cuore mi sento un “portulano”, figlio di portulani ed il ripristino dell’antica denominazione sarebbe il risarcimento dovuto ai nostri avi per uno sfregio che chi ci ha governato ha arrecato nei riguardi di chi aveva generato speranze nella nostra comunità. Bisogna, inoltre, mettere al bando chi ancora si insinua in un argomento al quale non ha titolo di partecipare in quanto nella mia Porto Santa Venere lui non ha alcun diritto di avere voce. Il ripristino del nome, oltre a rispondere all’esigenza di sanare un falso storico, avrebbe un significato altamente simbolico e identitario, per farci finalmente sentire tutti appartenenti ad una comunità importante ma che finora non ha avuto voce. Ho risposto alle sue domande a braccio, anzi con il cuore. A me manca tanto la mia Porto Santa Venere, mi creda”.

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