Tutti gli articoli di Società
PHOTO
Un secolo fa Limbadi superava i cinquemila abitanti. Oggi i residenti sono poco più di 3.200. Un fenomeno che racconta, in numeri, il destino di tanti borghi italiani. Secondo i dati Istat, dopo un primo lento calo nel dopoguerra, la popolazione dal 1991 è rimasta stabile fino agli anni Duemila: 3.627 abitanti nel 1991, 3.630 nel 2001. Poi la discesa: 3.498 al censimento del 2011 (vedi grafico), fino ai 3.212 residenti stimati al 1° gennaio 2025. Dal 2001 al 2025 il paese ha perso 418 abitanti, pari a circa il 12% della sua popolazione.
Tra il 2021 e il 2023 a Limbadi si sono registrati appena 61 nati, a fronte di 128 decessi. Ma dietro i numeri ci sono le storie dei protagonisti della comunità di ieri e di oggi. C’è quella di Ferdinando, detto Giovanni. Non potendo permettersi di andare a scuola, imparò il mestiere da un maestro calzolaio a Rosarno. Fu proprio lui a presentargli la futura moglie a Limbadi. Dopo il matrimonio, Giovanni aprì il suo laboratorio, ancora oggi esistente, dove riparava scarpe, cinture e confezionava calzature su misura. Spesso i clienti lo pagavano in natura: olio, frutta, uova, ortaggi. Col tempo divenne maestro a sua volta, e i suoi discepoli lo trattavano con il massimo rispetto.
C’è quella di Annunziata, figlia dei fornai del paese. Al forno pubblico si andava per cuocere il pane, ma anche altri cibi e i dolci. Annunziata era un’artigiana esperta tessitrice. Un secolo fa, a Limbadi, con il suo telaio, realizzava magnifici corredi su ordinazione. C’è la storia di Raffaele, aveva poco più di vent’anni quando fu chiamato al fronte, negli anni degli scontri in Cirenaica (Libia orientale). Poi 14 anni di prigionia in Inghilterra e, infine, la scelta di tornare a Limbadi, il paese di origine, che gli ha dato l’opportunità di ripartire dalla coltivazione della terra, di avviare una piccola osteria con cantina che offriva vino zibibbo e piatti semplici della tradizione.
Era la comunità di un tempo, coesa, resiliente, dove ognuno contribuiva con il proprio lavoro. Una piccola comunità in cui creare una famiglia era un progetto sostenibile, diremmo oggi, dove era possibile avere un ritmo di vita lento, legato alle stagioni e alle inclinazioni personali. La memoria collettiva è parte dell’identità di un paese. A distanza di 104 anni cosa è rimasto di questa cultura, delle competenze artigiane e dei saperi contadini? I più intraprendenti, oggi a Limbadi, sono tornati per rilanciare piccole attività commerciali. C’è chi gestisce punti di consulenza settoriale per aiutare la comunità a districarsi nella burocrazia statale. Chi recupera vecchi immobili, ormai vuoti e dimenticati, dei quali è pieno il paese, per offrire ospitalità a chi rientra per qualche giorno in estate, per riunirsi con i parenti rimasti.
Qualcuno ha avviato attività agricole familiari. Realtà che faticano a trovare il supporto necessario. Quelle già consolidate, per fortuna, non mancano, ma sono ancora poche. E anche queste beneficerebbero di un contesto più favorevole all’imprenditoria locale. Eppure, il paese dovrebbe essere la cornice perfetta entro cui sviluppare attività legate al patrimonio immateriale e materiale, storico-culturale del territorio. Poi ci sono le associazioni, che con profuso impegno animano la comunità con eventi di ogni genere: dalla via crucis vivente, al grest per i piccoli e i giovanissimi, alla sagra d’estate, alla rievocazione medievale, che richiama visitatori da ogni dove. Un attivismo che mostra chiaramente l’intenzione di non voler lasciare andare la speranza di un nuovo futuro per il paese. Un futuro che, secondo i dati, avvicina sempre di più allo spopolamento irreversibile.
Se il trend non cambia, nel 2050 a Limbadi ci saranno intorno ai 2.700 abitanti. Classi vuote, servizi sempre più ridotti, famiglie che continueranno a dividersi. Età media sempre più alta. Il fenomeno non riguarda solo Limbadi ma gran parte delle aree interne italiane. Per contrastarlo, il Governo ha avviato già nel 2014 la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI). Con il decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, all’art. 7, la SNAI è stata rafforzata attraverso l’istituzione di una “Cabina di regia” e l’adozione del Piano strategico nazionale delle aree interne (PSNAI). L’obiettivo è coordinare piani, programmi e risorse, migliorare i servizi essenziali, promuovere lo sviluppo locale e valorizzare il capitale umano, così da invertire la tendenza allo spopolamento.
Il PSNAI, in particolare, fornisce le linee guida per implementare interventi mirati che rispondano alle specificità di ciascun territorio e promuovano il benessere delle persone, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, partenariato e governance multilivello, tramite l’armonizzazione delle risorse e delle normative esistenti. Nella versione aggiornata al 2024 del PSNAI, pubblicata sul portale delle Politiche di Coesione, si legge: “Fondamentale è anche il coinvolgimento attivo della comunità locale, per garantire che le soluzioni proposte siano rispondenti ai bisogni reali e condivisi dai territori”.
La domanda è inevitabile: quale comunità sarà protagonista di questa progettazione? Limbadi oggi rischia di smarrire la propria identità. Ma proprio nelle storie di chi ha resistito e di chi sceglie di restare potrebbe esserci la chiave per immaginare un futuro diverso. Si tratta di riallacciare i fili con il recente passato, finché è tale, per ripensare e consolidare nuovamente un’identità culturale minata da più di mezzo secolo di abbandono.
Limbadi, con le sue unicità, potrebbe diventare un’opportunità per chi si rivede nelle sue radici culturali e vuole contribuire a dargli nuovo vigore. Il rischio per Limbadi è che a sparire non siano solo i numeri, ma la comunità stessa. La vera sfida è non lasciare che accada, invertendo la rotta.
*fonte: Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1° dicembre 1921 – XV. Calabrie (https://ebiblio.istat.it/digibib/Censimenti%20popolazione/censpop1921/VolumeII_Regioni/UBO0296365_XV_Calabrie+OCR_ottimizzato.pdf)
**estrapolazione lineare sul trend post 2011

