giovedì,Marzo 28 2024

Depuratore in “tilt” a Limbadi: condannati Ato, Cosenza Crati e Regione Calabria

Dovranno pagare i danni al Comune per aver riconsegnato l’impianto di località Macrea in condizioni di malfunzionamento e con i fanghi non smaltiti

Depuratore in “tilt” a Limbadi: condannati Ato, Cosenza Crati e Regione Calabria

Impianto di depurazione malfunzionante per la presenza di fanghi non smaltiti e rifiuti che, complice anche la mancanza di un by pass, hanno impedito il processo depurativo. Una “malagestione dell’impianto, negli anni in cui è stato affidato all’Ato numero 4 di Vibo Valentia e alla Cosenza Crati”, che ha portato il Tribunale di Vibo Valentia a condannare la Regione Calabria, l’Ato numero 4 e la società “Cosenza Crati scarl” per il danno subito dal Comune di Limbadi, assistito dall’avvocato Giulio Ceravolo. L’accertata e dimostrata cattiva gestione dell’impianto di depurazione “Macrea” ha portato il Tribunale a riconoscere la fondatezza della domanda del Comune di Limbadi nei confronti dei convenuti, che dovranno risarcire in solido i danni subiti dall’ente locale quantificati in 36.516,04 euro, oltre alla rivalutazione monetaria dal 31 dicembre 2011 alla data di pubblicazione della sentenza e gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal 31 dicembre 2011 al soddisfo, nonché il pagamento delle spese legali. Il giudice Natalina Raffaelli, sposando le conclusioni del Ctu, ha quindi ritenuto che ci si trova dinanzi all’omessa manutenzione ordinaria, essenziale per l’efficienza degli impianti. Consulenza tecnica che ha quantificato l’importo dei lavori realizzati per il ripristino della funzionalità dell’impianto in 14.314,50 euro, mentre l’importo dei lavori necessari per ottenere l’autorizzazione allo scarico è stato quantificato in 7.794,94 euro, oltre all’importo della sanzione irrogata per 14.516,04 euro. E’ stato infatti il Comune di Limbadi a sostenere i costi per il ripristino dell’impianto e da qui la responsabilità dei convenuti in quanto il Comune aveva aderito all’Ato, istituito con legge regionale nel 1997 per l’esercizio in forma associata del servizio di depurazione. In data 16 settembre 2002, la gestione dell’impianto è stata consegnata all’Ato numero 4 della Provincia di Vibo per la gestione del depuratore e delle stazioni di sollevamento. Tale affidamento ha avuto termine il 31 dicembre 2011 avendo l’Ato 4 riconsegnato in data 1 gennaio 2012 al Comune di Limbadi la gestione ndel depuratore e delle rispettive stazioni di sollevamento. Durante l’affidamento all’Ato, questa aveva dato in gestione gli impianti a varie ditte tra cui la “Cosenza Crati scarl” relativamente agli ultimi 426 giorni del suo affidamento da parte del Comune di Limbadi e quindi con scadenza al 31 dicembre 2011. Quanto lamentato dal Comune di Limbadi risaliva quindi ad una gestione quasi decennale da parte dell’Ato. E’ rimasto accertato che l’impianto di depurazione, pur non consegnato perfettamente efficiente fin dal 2002, ha però subito alcuni danni durante la gestione Ato. Alcuni danni dovuti all’incuria ed alla mancata manutenzione da parte di chi si occupava della gestione, altri invece presenti sin dall’inizio della costruzione e mai ripristinati. Il processo depurativo non sempre ha funzionato in maniera adeguata e l’impianto è stato anche oggetto di sequestro da parte della Procura di Vibo il 15 dicembre del 2010 e multato dalla Regione Calabria perché privo di autorizzazione allo scarico. Sino alla data del 18 gennaio 2017 l’impianto si presentava funzionante con una sola linea, mentre molti componenti metallici si presentavano in uno stato di completa usura. Il Tribunale di Vibo ha così accolto le tesi dell’avvocato Giulio Ceravolo (in foto) e stabilito che il Comune di Limbadi alla riconsegna dell’impianto ha dovuto sostenere delle spese per lo smaltimento dei fanghi mai smaltiti dall’Ato, ha dovuto pagare i verbali di contravvenzioni e provvedere a realizzare alcuni lavori necessari all’ottenimento dell’autorizzazione allo scarico da parte della Provincia di Vibo. Spese imputate alla mala gestione degli impianti da parte dell’Ato numero 4. La Regione Calabria era difesa dall’avvocato Enrico Ventrice, l’Ato numero 4 di Vibo dall’avvocato Maria Caterina Inzillo, mentre la società “Cosenza Crati scarl” era assistita dagli avvocati Giuseppe Mazzotta e Stefano Luciano.

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