venerdì,Aprile 19 2024

Vibo ed il tempo del riscatto, lettera aperta di Gilberto Floriani alla città

Il passato illustre ed il presente mediocre, la riflessione del direttore del Sistema bibliotecario vibonese

Vibo ed il tempo del riscatto, lettera aperta di Gilberto Floriani alla città

Dal direttore del Sistema bibliotecario vibonese, Gilberto Floriani riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta alla città di Vibo Valentia: ““Cara Vibo Valentia, avresti tutti i numeri per essere una bellissima città, anzi per chi ti sa guardare con gli occhi del cuore e della nostalgia lo sei ancora, anche se in questi ultimi decenni ti sei lasciata andare. Hai un passato illustre e ne conservi ancora notevoli tracce, hai un bellissimo centro storico ricco di palazzi, chiese, piazze e giardini di pregio. Avresti anche un bel mare se solo si riuscisse a mantenerlo pulito e non inquinato; hai una corona di paesi che non è facile trovarne di uguale bellezza in Italia, hai le montagne, i boschi secolari e i laghi. Nel territorio che ti circonda si producono cibi buonissimi e di grande qualità; nella vicina città di Nicotera si è consolidata la tradizione della dieta mediterranea, di Pizzo tutti conoscono i gelati, Tropea è la capitale del turismo calabrese, Serra San Bruno è un gioiello e un grande centro di spiritualità, allo stesso modo di Mileto. Soriano è un centro culturale come pochi e in molti luoghi come Gerocarne, ma non solo, vi è un vivace artigianato. Di tutto questo eri la piccola capitale. Hai biblioteche che altri non hanno e una sotterranea vivacità culturale che periodicamente si manifesta con iniziative di importanza nazionale, come il Festival leggere&scrivere. Non ti mancherebbe quasi nulla per essere felice; i tuoi pochi abitanti, molti dei quali di straordinario ingegno, potrebbero dignitosamente vivere bene e lavorare tutti. Eppure sei in difficoltà, un gran numero di persone che si son fatti carico di te si sono dimostrate indegne e mediocri, altri si sono disimpegnati, chi poteva aiutarti non lo ha saputo e voluto fare e quindi ti trascini nel presente sola, poco considerata e con una veste sempre più logora e sporca. Io credo però che tutti coloro che sanno apprezzare la luce dei tuoi crepuscoli estivi, la dolcezza delle serate di luna piena che illumina il castello e il campanile di San Michele, che partecipano alla solennità dei riti pasquali, ti amino ancora profondamente e desiderino impegnarsi per farti ritornare ad essere quella splendida matura città che potresti ancora essere, senza mafie e senza complessi di inferiorità nei confronti delle altre città calabresi. Se coloro che ti amano sapranno e vorranno impegnarsi tu potrai rinascere e rivivere i tuoi tempi migliori, di quando Proserpina spargeva di fiori primaverili i prati, di quando ci si dissetava alla fonte di Mnemosyne, di quando Valentia era uno dei più importanti municipi romani, di Federico II e della fondazione di Monteleone, di quando i Pignatelli portarono tra i primi in Calabria l’arte della seta e della stampa, di quando il conte Vito Capialbi portava alla luce le antiche memorie, di quando si progettavano istituzioni civiche, culturali e scolastiche come il Regio Collegio e il liceo Bucciarelli, di quando eri un centro nazionale di studi folklorici, archeologici e giuridici, di quando fiorivano le maestranze e alla fine degli anni Cinquanta-Sessanta si progettava un futuro industriale, di quando c’era l’Agosto Vibonese. Anche se sono mutati i tempi, le condizioni materiali e ambientali per scrivere un futuro all’altezza del passato ci sono ancora tutte, ci sono gli ingegni; manca ancora, forse, una precisa volontà di voler tentare di farlo e la determinazione di andare oltre tutti coloro che hanno fallito e spesso anche approfittato. Ma io spero cara Città che i tempi siano maturi, che sia finito il tempo degli sterili piagnistei e che i tuoi cittadini capiscano che non è più sopportabile la mediocrità del presente, che è doveroso recuperare l’orgoglio dei padri, di coloro che qui sono nati e poi morti per la patria, anche per questa piccola patria, costi quello che costi.

 

 

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