Rivoluzione a metà tra Cup elettronico e sportelli che ancora chiedono supporti cartacei. Così in molti sono costretti a rivolgersi a un familiare che possiede una stampane oppure a un esercizio pubblico attrezzato
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«Non è chiaro a cosa serva la ricetta dematerializzata, e pure il Cup elettronico, se poi l’utente è costretto a confrontarsi, ad ogni richiesta di prestazione, con una burocrazia ottusa e perversa, che pretende comunque la produzione del cartaceo, pena essere respinti come un pungiball allo sportello ed invitati a peregrinare alla ricerca di una cartoleria, di un tabaccaio, di un’edicola, di una qualsiasi anima pia da pregare affinché proceda alla stampa, pure in fretta, per non perdere l’appuntamento programmato magari da settimane, se non da mesi». È quanto scrive Salvatore Bruno su Cosenza Channel e LaC News24, offrendo uno spaccato della realtà cosentina. Ma la situazione non cambia se ci spostiamo in provincia di Vibo Valentia, dove la caccia allo “stampatore di ricette” è sempre aperta, perché anche da queste parti di dematerializzato c’è ben poco. Anche se, è bene precisarlo, non tutti gli studi medici e laboratori convenzionati pretendono esplicitamente la ricetta cartacea. E molti utenti spesso neppure lo sanno che avrebbe diritto a non presentarsi con il pezzo di carta in mano. Ma le abitudini, si sa, sono dure a morire.
«Ricetta digitale?». No, prego
«Provare per credere – continua l’articolo -. E infatti, dopo decine di segnalazioni, lo abbiamo provato in una struttura privata convenzionata e in una struttura pubblica. Il primo esame? Una mammografia per una paziente oncologica di 71 anni. Sullo smartphone la ricetta elettronica del medico curante prenotata on line attraverso l’aiuto di una nipote. In farmacia basta presentare sul telefonino il codice a barre o il numero dell’impegnativa per acquistare le medicine. In questa struttura del cosentino no. Serve la carta. Che poi è risaputo: tutti in casa, soprattutto le signore di una certa età, dovrebbero disporre di una stampante. Così una donna anziana con una diagnosi di neoplasia viene mandata via, spedita fuori sotto la pioggia a cercare un esercizio commerciale dove poter mettere nero su bianco la documentazione. E se non ne trova nelle vicinanze che vada al diavolo, lei e la sua patologia. Alla richiesta di spiegazioni si fanno spallucce scaricando la responsabilità sull’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza: “Per i rimborsi pretendono in allegato ai report le ricette cartacee” dicono i responsabili del laboratorio convenzionato. E certo. Mica gli impiegati allo sportello possono procedere loro a stampare. A parte il tempo vuoi mettere il costo? Come se le strutture convenzionate non fossero già profumatamente pagate per le prestazioni».

