Una lettera accorata, densa di storia, memoria e preoccupazione per il presente. È quella che Anna Murmura, figlia del compianto senatore Antonino Murmura, ha indirizzato ai sindaci di Serra San Bruno, Simbario, Brognaturo, Fabrizia e Mongiana dopo che, nei giorni scorsi, dagli stessi Comuni è stata avanzata l’ipotesi di lasciare la Provincia di Vibo Valentia per fare ritorno sotto quella di Catanzaro.

Una proposta che, spiega Murmura, l’ha colpita «con molto dolore e rammarico», suscitando in lei «un profondo senso di smarrimento» di fronte al «grido di dolore» che proviene da questi territori.

La lunga battaglia per la Provincia, dal sogno al traguardo del 1992

La lettera richiama anzitutto la storia lunga e travagliata della Provincia di Vibo Valentia, istituita solo nel 1992 ma frutto – sottolinea Murmura – di un percorso durato oltre quarant’anni.

«Già durante il periodo fascista Luigi Razza aveva proposto una istituzione autonoma per il vibonese», ricorda. Nel dopoguerra e per tutta la Prima e la Seconda Repubblica il progetto è stato portato avanti da numerosi parlamentari: «Salomone, Sanzo, Galati, Basile, Chiriano e Murmura sono stati la squadra ideale» che ha sostenuto la nascita dell’ente. Un percorso che trovò la svolta decisiva nell’impegno del senatore Antonino Murmura, considerato il “padre” della Provincia, che – grazie alla sua «tenacia e grande determinazione» – riuscì a ottenere il risultato.

Vedere oggi quella realtà istituzionale «perdere pezzi» provoca in Anna Murmura «particolare tristezza», accompagnata dal pensiero che «tutti coloro che si sono battuti per questo traguardo si stiano rivoltando dalla tomba».

Il silenzio della politica nazionale: «Assordante e inaccettabile»

A fare ancora più male, scrive l’autrice, è «il silenzio tombale e assordante dei nostri rappresentanti in Parlamento», che non sono intervenuti sulla vicenda né appaiono presenti sul territorio: «Li vediamo solo per annunciare l’arrivo di ingenti somme di denaro che dopo qualche mese magicamente spariscono».

Una stoccata che rimanda, per contrasto, alla politica di un tempo, e in particolare all’impegno del padre. Murmura ricorda infatti come il senatore, ogni fine settimana, «ritornava nel collegio elettorale per girare tutti i comuni del vibonese», ascoltando le esigenze dei cittadini, dai problemi più semplici alle richieste più insolite – come quella di un uomo desideroso di esibirsi alla Scala. «Oggi questo non esiste più – osserva amaramente – e faccio fatica certe volte a ricordare i nomi dei rappresentanti del nostro territorio in Parlamento».

I problemi del territorio e il “grido di dolore” dei Comuni

Anna Murmura non attribuisce ai sindaci alcuna volontà di “distruggere” l’ente provinciale. Al contrario, interpreta la loro iniziativa come una testimonianza della sofferenza delle comunità: «Le strade fanno acqua da tutte le parti, la sanità è al collasso e i servizi sono ridotti all’osso». Da qui la richiesta di attenzione, presenza e ascolto.

La proposta: un movimento dal basso per ricostruire il Vibonese

Dichiarandosi ormai sfiduciata nella politica tradizionale, Murmura lancia una proposta concreta: l’avvio di «gruppi di lavoro di cittadini» che elaborino progetti per lo sviluppo del territorio e che suppliscano all’assenza dei parlamentari, raccogliendo le esigenze degli amministratori e della popolazione.

Tra le priorità indicate cita innanzitutto la battaglia per la sanità, la riapertura del Sistema Bibliotecario Vibonese e più in generale la ricostruzione di una comunità attiva e partecipe.

«Io ci sono – afferma – e sono pronta a collaborare con tutte le persone di buona volontà del vibonese, al di là dell’ideologia e del colore politico».

«Non fuggite»: l’appello finale ai sindaci

La lettera si chiude con un invito forte, quasi un’esortazione morale: «A voi sindaci dico: non fuggite, non andate via. Costruiamo insieme una provincia migliore, più bella e più accogliente».

E, citando Gandhi, Murmura ricorda che «siamo il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo». Una firma semplice e significativa conclude il testo: «Una cittadina attenta».