Regge anche in appello l’impianto accusatorio nel maxi processo Rinascita Scott. Non traggano in inganno le condanne rideterminate o alleggerite rispetto al primo grado. L’aggravante mafiosa ha tenuto ma, come accaduto anche in abbreviato, per diversi imputati è stato escluso da questa aggravante il comma sei che recita: «Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà». Venuto meno questo comma – che contempla il reimpiego dei proventi illeciti (ossia l’avere investito in attività economiche i soldi provento di reati) – diverse pene sono state alleggerite. Il mancato riconoscimento dell'aggravante del reimpiego dei proventi illeciti ha eliminato circa 5 anni per ogni condannato.
È il comma il cui venire meno ha ridotto i termini di custodia cautelare: ecco perché la Corte ha disposto diverse scarcerazioni di imputati condannati. Che verrebbero riarrestati in caso di condanna definitiva. 

Ma un fatto resta granitico: regge la partecipazione a un clan di ‘ndrangheta per la maggior parte degli imputati a cui il reato viene contestato, così come reggono le aggravanti mafiose.

Per l’ex parlamentare Giancarlo Pittelli (la cui pena passa dagli 11 anni del primo grado a 7 anni e 8 mesi in appello) resistono il concorso esterno in associazione mafiosa e i due casi di rivelazione di segreto d’ufficio anche se viene meno l’aggravante del reimpiego dei proventi illeciti e sono state riconosciute prevalenti le attenuanti generiche. Stesso discorso per l’avvocato Francesco Stilo che passa da una condanna a 14 anni in primo grado a 7 anni e 8 mesi in appello. Pena rideterminata – sempre per il venir meno dell’aggravante del reimpiego dei proventi illeciti – anche per l’imprenditore Gianfranco Ferrante che in appello viene condannato a 14 anni e 2 mesi, contro i 20 anni del primo grado.

Questo alleggerimento, che ricorre spesso nella sentenza, non ha scalfito, però, i 30 anni comminati al boss di Limbadi Luigi Mancuso, detto il Supremo, e a Giuseppe Antonio Accorinti, boss di Zungri che pure è stato assolto dall’accusa di detenzione e porto illegale di armi da fuoco. Discorso diverso per Saverio Razionale, boss di San Gregorio D’Ippona. Nei suoi confronti ha un peso il venir meno dell’aggravante di aver investito in attività economiche i soldi provento di reati e la sua condanna, ferme restando le accuse contestate nel primo grado, passa da 30 a 21 anni di reclusione.

Ha zittito l’aula bunker di Lamezia Terme l’assoluzione di Pasquale Bonavota – difeso dall’avvocato Tiziana Barillaro – condannato a 28 anni in primo grado quale esponente apicale dell’omonima cosca di Sant’Onofrio. Bonavota – che si è reso latitante per quasi cinque anni – è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa “per non aver commesso il fatto” ed è stata disposta l’immediata scarcerazione.

Altro proscioglimento eccellente è quello di Michele Marinaro – difeso dall’avvocato Aldo Ferraro – ex finanziere in servizio alla Dia di Catanzaro e poi alle dipendenze della presidenza del Consiglio nella sede di Reggio Calabria. Dopo la condanna in primo grado la Corte d’Appello – Loredana De Franco Presidente, Ippolita Luzzo e Michele Ciociola a latere – ha riqualificato il reato da concorso esterno in rivelazione di segreto d’ufficio. A questo punto essendo il reato risalente a dicembre 2016, è stata dichiarata la prescrizione delle due rivelazioni di segreto d’ufficio contestate. La Corte ha comunque confermato che restano in piedi le statuizioni civili.

Passa da due anni e sei mesi a due anni la condanna nei confronti del tenente colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli che è stato assolto da un caso di rivelazione di segreto d’ufficio “perché il fatto non sussiste”. Secondo l’accusa avrebbe rivelato a Pittelli notizie d’ufficio che dovevano rimanere segrete, riferendo che un imprenditore era attenzionato dalla Guardia di finanza. Restano in piedi gli altri due capi di rivelazione di segreto d’ufficio che coinvolgono anche Pittelli e l’imprenditore Rocco Delfino.

Per quanto riguarda quest’ultimo, è stato assolto dall’accusa di falso ideologico (per falsi attestati all’Agenzia delle entrate e al Registro delle imprese) “perché il fatto non sussiste” e condannato per trasferimento fraudolento di valori e rivelazione di segreto d’ufficio. La sua condanna passa da 5 anni a 4 anni e sei mesi.

Assolto l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino. In primo grado era stato condannato per traffico di influenze illecite a un anno e 6 mesi e assolto dall’accusa di associazione mafiosa quale appartenente al locale di Piscopio (quartiere di Vibo Valentia). In appello è stato assolto anche dalla prima contestazione.

In totale sono stati inflitti circa 1.404 anni di reclusione. Sono 154 le condanne disposte in appello per i 215 imputati nel processo Rinascita Scott, 50 le assoluzioni e 11 le prescrizioni.