sabato,Aprile 20 2024

Figli in crescita e genitori disorientati, la pedagogista: «Benvenuti nel mondo dei mutanti»

Bambini dai 10 ai 14 anni che parlano e rispondono come piccoli uomini e donne, e spesso hanno pure ragione. Francesca Sisinni spiega come affrontare l’adolescenza

Figli in crescita e genitori disorientati, la pedagogista: «Benvenuti nel mondo dei mutanti»
Francesca Sisinni, pedagogista clinico di Vibo Valentia

“Mia figlia ormai, quando entro nella mie crisi isteriche da rabbia incontrollata per assenza di ascolto da parte sua, mi spara delle cose che mi fa sentire una  pessima madre all’inizio, poi mi fa ridere….. perché in fondo sono orgogliosa di lei quando la vedo così determinata e forte”.  Queste le parole di una madre che affida a Francesca Sisinni pedagogista clinico di Vibo Valentia, le sue frustrazioni. Genitori che chiedono consigli su come gestire una “ex bambina” in crescita.

Libretto delle istruzioni

«Cari genitori, benvenuti nel mondo dei “mutanti”, come li definisce la psicoterapeuta Sofia Bignamini. Come è facile intuire – spiega la pedagogista- la prima reazione è l’incredulità. Cosa sta succedendo? Dov’è il mio bambino amorevole e solare e chi è questo musone scontroso e irascibile? La seconda è la frustrazione. Tutto quello che prima  funzionava nel rapporto col figlio/a adesso incontra un muro inaspettato di ostilità e rifiuto. Di colpo, i figli vanno a letto bambini e si svegliano persone diverse, irriconoscibili agli occhi smarriti e confusi dei genitori. È l’inizio della preadolescenza. Un limbo di tre-quattro anni (nell’età tra i 10 e i 14)che spesso coincide con il cambio di scuola. Dalla scuola elementare si giunge alla scuola media. Genitori  disarmati e nel panico, invocano il libretto delle istruzioni.

«Mantenere la calma»

Occorre sottolineare che la preadolescenza – chiarisce Francesca Sisinni – è una fase importante per la crescita dell’essere umano che vale la pena attraversare. Questo stadio della crescita porta molti aspetti positivi, che bisogna valorizzare. La ricerca di novità, di relazioni intense, di esplorazione del mondo sta aiutando il preadolescente a staccarsi dalle sicurezze del nido familiare e spiccare il volo. Lo spiega molto bene Pellai, medico, ricercatore all’Università degli Studi di Milano e psicoterapeuta dell’età evolutiva, nel suo libro intitolato. “L’età dello tsunami”. È un periodo nel quale emergono nuove abilità, nuove spinte evolutive. È il tempo della semina. Un atteggiamento educativo lassista, discontinuo o troppo permissivo li autorizzerebbe a seguire il piacere e le emozioni senza pensare alle conseguenze. Il genitore diventa un equilibrista che deve continuamente negoziare regole e permessi, dialogare senza risultare invadente, mantenere il controllo elargendo prove di fiducia. È l’improvviso venir meno delle certezze educative dell’infanzia a mettere in crisi gli adulti. Tra litigi urlati e porte sbattute, si attende la fine del tunnel come un miraggio. I genitori – consiglia la pedagogista – devono mantenere la calma durante la preadolescenza dei figli, proprio perché in fase di profondo cambiamento, il “mutante” è ancora malleabile, risponde meglio ai “raddrizzamenti” e agli indirizzi genitoriali rispetto all’adolescente che verrà.

Il ruolo della scuola e della famiglia

Gli interventi educativi risultano più efficaci nel forgiare il carattere. L’appoggio della famiglia, della scuola e della comunità adulta è più indispensabile che mai. Occorre guardare quello che c’è dietro ogni provocazione, ogni sfida, coltivare il legame, mantenere l’attenzione sull’amore che proviamo per i nostri figli. Un preadolescente ha bisogno di sentirsi amato anche quando fa di tutto per rendersi odioso. Il nostro ruolo è esserci. Quando un preadolescente si arrabbia, il suo cervello emotivo è in balia dell’ira, proprio come la nostra  bambina a cui stiamo pensando, quando ci fa sentire la “peggiore mamma del mondo”, sta usando la sua parte emotiva, reagisce alle nostre azioni con l’emotività, ed è qui che noi dobbiamo trasformarci in ottimi contenitori emotivi, ed insegnare ai nostri figli ad utilizzare le loro risorse cognitive. Chiaramente – conclude la pedagogista – occorre grande sforzo da parte nostra ma noi siamo gli adulti e loro sono sotto la nostra responsabilità.

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