sabato,Aprile 20 2024

«Sulla caccia Spirlì è in stato confusionale»

Il presidente della Regione prolunga la “braccata” al cinghiale fino a fine mese in barba alle restrizioni. Wwf e Lipu lo richiamano: «La licenza di caccia non dà immunità dal virus»

«Sulla caccia Spirlì è in stato confusionale»

di Wwf Calabria e Lipu Calabria

Dalla catastrofe sanitaria (ultima come vaccinati, ospedali di eccellenza che chiudono, disservizi e carenze ben noti), a quella economica e sociale: di tutto si può accusare la Regione Calabria, tranne che per il suo fervente attivismo in campo venatorio. A tal punto che, se da un lato si decreta la chiusura delle scuole per l’alto rischio legato alla diffusione del virus e con la prospettiva che i cittadini subiscano le restrizioni della zona arancione, ai cacciatori calabresi, come se nulla fosse, viene concesso di spostarsi ciascuno in mezza provincia e si prolunga la caccia al cinghiale in forma collettiva (cioè in braccata) fino alla fine del mese.

Come se per trasportare e macellare il porco selvatico e scongiurare pericolosi assembramenti, si potessero usare dei robot norcini telecomandati al posto delle squadre di “sportivi” con l’artiglieria. E se qualcuno avesse dei dubbi in proposito, ci pensa il presidente Spirlì, in versione novello Nunzio Filogamo, a ricordare testualmente, tramite facebook “agli amici cacciatori e pescatori  sportivi, che è sempre attiva l’ordinanza n.94, per cui sveglia all’alba!”, scambiando probabilmente la presidenza di una Regione per uno studio televisivo e in attesa di tempi migliori per una tavolata tra vecchi “amici”.

La scusa, ripetuta da una vita come un disco incantato, è quella del “contenimento dei cinghiali”, pur sapendo, come dichiarato espressamente nel richiamato parere dell’Ispra del 7 dicembre trasmesso alla Regione, che per vari motivi elencati in vari studi scientifici, “la caccia collettiva in braccata non ha dimostrato efficacia nel contenere né la presenza di cinghiali, né i danni da questi causati”. E che anzi, è la stessa caccia in braccata a favorire una maggiore mobilità dei cinghiali verso aree meno disturbate, come quelle urbane, e le zone agricole più antropizzate, aumentando il rischio di danni da incidenti stradali.

Ma il virus del delirio filovenatorio che imperversa nelle stanze delle Cittadella è talmente forte da intaccare anche le capacità intellettive, tanto da far emettere a fine anno l’ennesima delibera sul calendario venatorio (il cui numero rischia di eguagliare i Dpcm governativi anti covid), con ulteriori modifiche e integrazioni del tutto strampalate. In sostanza, con questo ennesimo atto deliberatorio la Regione autorizzerebbe la caccia “fino al 10 Febbraio”, dimenticandosi del fatto che, come dalla stessa Regione deliberato precedentemente il 2 novembre, dopo la data del 31 gennaio non ci sono più specie cacciabili!

Infatti la data di chiusura per le specie Cornacchia grigia, Ghiandaia, Gazza e Colombaccio, fissata inizialmente al 10 febbraio, era stata successivamente anticipata al 13 gennaio dall’ ordinanza del Tar  Calabria n. 982/2020, in seguito al ricorso presentato dal Wwf  e dalla Lipu.

E se queste incongruenti concessioni risuonano come evidenti favori per acquisire consensi alle prossime consultazioni elettorali, ricordiamo al presidente ff Spirlì e all’assessore Gallo che i cacciatori in Calabria sono una sparuta minoranza, molto meno degli ambientalisti e della gente comune che non condivide la pratica assurda e anacronistica della caccia.

Quindi, piaccia o no a Spirlì e ai suoi amici, il 31 gennaio si chiude. Ricordando però che, nel frattempo, la licenza di caccia non equivale ad avere acquisito l’immunità dal virus.  

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