Sarà eseguita domani l’autopsia sul cadavere di Sacko Soumaila, il ragazzo 30enne del Mali ucciso il 2 giorno a San Calogero nei pressi dell’ex fornace “La Tranquilla”, una vecchia fabbrica di laterizi sequestrata nel 2011 per smaltimento illegale di rifiuti pericolosi. L’esame autoptico è stato disposto dalla Procura di Vibo Valentia che conduce le indagini e ieri ha notificato un avviso di garanzia e di “accertamenti tecnici irripetibili” nei confronti di Antonio Pontoriero, 43 anni, di San Calogero e nipote di uno degli ex soci della fabbrica. L’inchiesta, coordinata dal pm Luca Ciro Lotoro, è condotta dai carabinieri della Compagnia di Tropea guidati dal maggiore Dario Solito, e dai militari dell’Arma della Stazione di San Calogero. L’incarico per l’esame autoptico è stato affidato al medico legale Katiuscia Bisogni.
Preziose per le indagini si sono rivelate le testimonianze dei due compagni di Soumaila Sacko, uno lievemente ferito, l’altro illeso, che hanno subito collaborato con i carabinieri offrendo una ricostruzione precisa e dettagli fondamentali. E il primo bagliore di luce dall’ufficio diretto dal procuratore Bruno Giordano e dai militari del colonnello Gianfilippo Magro, è arrivata. Anzi, mentre tutti – dagli immigrati ospiti della vecchia tendopoli di San Ferdinando alla politica nazionale – invocavano risposte, qui Procura e carabinieri la risposta l’avevano già.
E il movente? Perché Pontoriero avrebbe sparato e ucciso Soumaila? Non è un delitto a sfondo razziale. Potrebbe trattarsi, invece, di un delitto permeato di cultura mafiosa. Soumaila e i due compagni erano all’ex Fornace – già fabbrica di laterizi abbandonata e sotto sequestro dal 2011 perché tomba di 127mila tonnellate di rifiuti pericolosi – allo scopo di recuperare lamiere e materiale di risulta per costruire delle baracche. Un’intrusione di sopravvivenza. Per Pontoriero, quel sito, benché sotto sequestro, benché tomba di veleni, sarebbe stato invece cosa appartenente alla sua famiglia. Non un caso, infatti, se sotto processo per i veleni dell’ex Fornace teatro dell’agguato ci sia finito, tra gli altri, Francesco Pontoriero, zio del 43enne Antonio raggiunto da un avviso di garanzia.
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