giovedì,Aprile 25 2024

Vibo piange Salvatore Vetrò, addio al “politico delle mediazioni”

Esponente della corrente di base della Democrazia cristiana, fu presidente dell’ospedale e docente di Italiano, latino e greco al Liceo Morelli. Dopo Franco Inzillo, se ne va un altro grande interprete della città

Vibo piange Salvatore Vetrò, addio al “politico delle mediazioni”

Quindici giorni fa Franco Inzillo, nelle ultime ore Salvatore Vetrò. La Vibo di ieri, in due settimane perde due autentici interpreti della vita della città e dintorni ed anche Salvatore Vetrò esce di scena dopo essere stato un autorevole esponente della cultura, della politica e della società. Si è spento in punta di piedi, dopo una lunga e sofferta malattia che non gli ha dato scampo. Per i vibonesi è stato forse l’uomo più intellettualmente onesto della politica per avere svolto il suo ruolo con grande capacità sociale e umana ed al servizio di tutti, a costo di rinunce e talvolta anche  di intensi sacrifici. Democristiano sin dalla prima ora, fedele discepolo della scuola di don Luigi Sturzo, Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira, è stato amministratore comunale, presidente dell’Eca, l’ente comunale assistenza ma soprattutto presidente dell’Ospedale di Vibo Valentia, prima ancora che la riforma inventasse le Unità sanitarie locali e le Aziende sanitarie, gestite con i comitati di gestione e le assemblee generali. Nel suo modo di fare politica interpretava nel migliore dei modi le istanze di bisogno della popolazione e quel che più sorprendeva era la sua disponibilità, sempre disinteressata e volta a cogliere in chi soffriva la necessità di un posto di lavoro o di un pezzo di pane, prodigandosi, instancabilmente, fino a far raggiungere l’obiettivo a chi si era rivolto a lui nella certezza di una risposta positiva. Docente di Italiano, latino e greco al Liceo “Michele Morelli”, Salvatore Vetrò dedicava molto del suo tempo libero all’attività politica ponendosi con umiltà, intelligenza e forte disponibilità. Era il politico delle mediazioni. I giovani gli devono tanto se è vero che ha tentato sempre di inculcare in essi l’idea che partecipare alla vita politica per lo sviluppo delle attività della città  era un dovere da parte di tutti per non dimenticare la storia di ieri e per alimentare quella futura. Ma il suo impegno più esaltante è stato quello dedicato con passione, competenza ed autorevolezza e rivolto ad ogni tipo d’impegno utile a dare una svolta ai servizi della sanità. (L’articolo prosegue sotto la pubblicità)

Correvano gli anni ‘70 quando Salvatore Vetrò si inventava un ospedale a misura di uomo, un presidio ospedaliero multi specialistico che doveva diventare competitivo grazie all’ampliamento della struttura e soprattutto alla creazione delle unità operative di oculistica, neurologia, nefrologia, malattie infettive, rianimazione e tanti altri servizi che aiutavano l’ospedale di Vibo pronto a dare risposte adeguate alla domanda di salute che veniva anche dall’hinterland. Ma il suo pallino era la politica che lui definiva la scienza delle scelte perché permetteva di valutare prima ed affrontare dopo tutte le criticità dell’epoca, seguendone un’attenta priorità. Era il sostenitore della buona politica e della buona amministrazione della cosa pubblica. A Vibo Valentia era l’uomo di fiducia di un potente della politica del tempo, il cosentino Riccardo Misasi, più volte ministro e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, inventore con Ciriaco De Mita e Giovanni Marcora della corrente di “base” che in città e dintorni era rappresentata oltre che da Salvatore Vetrò, che ne era il leader, anche da Ciccio Lampasi, Colombo Achille, Salvatore Valente e Pasqualino Rimedio, quando dall’altra parte dello scenario imperversava l’ala andreottiana guidata da Tony Murmura. Il suo impegno nell’area culturale era straordinario. Ad iniziare dall’attività del Centro studi “Vito Galati”, presieduto da Nicola Maviglia e che aveva in Salvatore Vetrò l’uomo di punta dell’iniziativa politico sociale e culturale. I funerali, presenti la moglie Luigia Gallo, i figli Rossella, Franco e Francesco, i fratelli Rosario, Marianna, Iolanda, Alfonso e Pietro, i parenti ed una folla di amici ed estimatori, si sono svolti nel duomo di San Leoluca con una concelebrazione presieduta dal parroco don Antonio Purita con la partecipazione di monsignor Filippo Ramondino, monsignor Giuseppe Fiorillo che ne ha tratto il ricordo, don Alessandro Mazzitelli e don Giovanbattista Manno.     

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