mercoledì,Maggio 15 2024

Armi e droga a Nicotera Marina, due condanne in Cassazione

Depositati anche i motivi della sentenza contro i figli di Roberto Piccolo. Caduta l’aggravante mafiosa

Armi e droga a Nicotera Marina, due condanne in Cassazione
Domenico e Salvatore Piccolo

Ricettazione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni. Questi i reati per i quali la Cassazione ha ritenuto responsabili in via definitiva i fratelli Domenico Piccolo, di 30 anni condannato alla pena di 5 anni ed 8 mesi di reclusione(e 6mila euro di multa) – e Salvatore Piccolo, di 23 anni, condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere (più 5mila euro di multa). I due imputati sono stati anche interdetti dai pubblici uffici così come deciso dalla Corte d’Appello di Catanzaro il 12 ottobre 2020. [Continua in basso]

Il Tribunale di Vibo già in primo grado aveva escluso l’aggravante delle finalità mafiose, nel caso di specie rappresentate dall’agevolazione delle attività del clan Mancuso di Limbadi e Nicotera. I due fratelli condannati – i cui ricorsi sono stati respinti dalla Cassazione che ha ora depositato le motivazioni della decisione – sono di Nicotera Marina. Erano stati arrestati nell’aprile 2018 a seguito di una perquisizione dei carabinieri nella casa del defunto zio, ovvero Domenico Piccolo, ucciso il 4 febbraio del 2011 dal figlio all’epoca minorenne.
A carico dei fratelli Piccolo si contestava la detenzione di sostanza stupefacente e di armi. In particolare, all’esito della perquisizione dei due immobili – che erano appartenuti in vita allo zio deceduto e alla nonna dei due condannati – erano state rinvenute, in quello dello zio, armi clandestine, un giubbotto antiproiettile e un passamontagna, oltre a droga, del tipo marijuana (circa 280 grammi) e cocaina (circa 29 grammi), in uno a bilancini di precisione e materiale utile al confezionamento dello stupefacente.

Per la Cassazione, inoltre, «il rinvenimento di una carta di circolazione, all’interno del medesimo appartamento, documento intestato al padre degli indagati (Roberto Piccolo) detenuto dal 2009, dimostrava che, contrariamente a quanto avevano entrambi affermato in interrogatorio, avevano fatto accesso all’immobile. La percezione, poi, in fase di perquisizione di una frase che Salvatore Piccolo aveva sussurrato al fratello, manifestando anche con l’atteggiamento e l’espressione del viso la sua preoccupazione per la possibile estensione dell’atto di polizia giudiziaria ad altro luogo (là sopra) faceva intendere che entrambi si riferissero all’appartamento in questione ove erano occultate la droga e le armi». Per la Cassazione, il ragionamento dei giudici di merito è corretto in ordine alla responsabilità dei fratelli Piccolo e da qui il rigetto del loro ricorso.

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