Rinascita Scott: la pubblica accusa chiede 74 condanne in appello, ecco le singole richieste
Il pm della Dda Annamaria Frustaci ha concluso la requisitoria nel troncone dell’abbreviato del maxiprocesso giunto al giudizio di secondo grado. Quattro le assoluzioni appellate dalla Procura tra le quali quella dell’avvocato ed imprenditore Vincenzo Renda. Chiesti oltre 650 anni di reclusione
Si è conclusa con 74 richieste di condanna la requisitoria del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, dinanzi alla Corte d’Appello per il troncone del processo nato dall’operazione Rinascita Scott celebrato in primo grado con il rito abbreviato. La sentenza di primo grado è stata emessa il 6 novembre 2021. La Procura distrettuale antimafia ha appellato 4 delle 19 assoluzioni (70 invece le condanne) decise dal gup distrettuale Claudio Paris, vale a dire quelle che avevano riguardato Emanuela Chillà, Antonio Di Virgilio, Maurizio Fiumara di Pizzo e l’avvocato ed imprenditore vibonese Vincenzo Renda. Le condanne per gli altri imputati (quasi 650 anni di reclusione complessivi in primo grado) sono state invece appellate dai difensori. Gli imputati condannati in primo grado hanno beneficiato – per via della scelta del rito abbreviato – dello sconto di pena pari ad un terzo della pena.
Giudicati con il rito abbreviato, fra gli altri, i collaboratori di giustizia di Vibo Valentia Bartolomeo Arena, Gaetano Cannatà e Michele Camillò, oltre ad Emanuele Mancuso di Nicotera, “rampollo” dell’omonimo clan e figlio del più noto Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”.
La principale accusa è quella di associazione mafiosa, ma non mancano le contestazioni per diversi tentati omicidi, narcotraffico, intestazione fittizia di beni, estorsione, corruzione, danneggiamento, detenzione illegale di armi ed usura.
Tutti gli imputati ritenuti responsabili per il reato associativo sono stati condannati in primo grado anche al risarcimento dei danni nei confronti dei Comuni costituiti parti civili per un totale di 900 mila euro, con la somma di 150mila euro per ogni Comune. Le pene più alte – 20 anni reclusione – sono state richieste per i seguenti imputati: Mommo Macrì, Luciano Macrì, Saverio Sacchinelli, Francesco Antonio Pardea, Gregorio Niglia, Pasquale Gallone.
Domenico Camillò, posto a capo del clan Pardea-Camillò-Macrì di Vibo Valentia è stato condannato a 15 anni e 4 mesi, mentre Gregorio Gasparro di San Gregorio d’Ippona si è beccato 16 anni. Per Gregorio Giofrè, anche lui di San Gregorio d’Ippona, la richiesta pena ammonta a 13 anni e 4 mesi, mentre 4 anni e 6 mesi è la richiesta per Carmela Cariello, impiegata del Tribunale di Vibo (sezione Previdenza e Lavoro), così come da condanna di primo grado. In pratica il pm Annamaria Frustaci ha chiesto la conferma delle condanne di primo grado per tutti gli imputati e la pena già chiesta nel primo giudizio per quattro assolti: Emanuela Chillà, Antonio Di Virgilio, Maurizio Fiumara di Pizzo e l’avvocato ed imprenditore vibonese Vincenzo Renda. [SCORRI IN BASSO E CLICCA SU “AVANTI” PER LEGGERE I NOMI DEGLI IMPUTATI E LE RICHIESTE DI CONDANNA]