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Intervento del procuratore Nicola Gratteri in Corte d’Appello a Catanzaro nel corso di un incontro dal titolo “Il rapporto etico tra magistratura e avvocatura”. Un incontro servito al magistrato per ribadire alcuni semplici concetti ancora non del tutto assimilati da alcune toghe: non si può esprimere solidarietà ad un collega – giudice o avvocato che sia – senza aver prima letto nulla delle carte e prescindere dai fatti. “Se in un’intercettazione c’è la voce di un magistrato che prende soldi è inutile fare un documento di solidarietà a reti unificate dopo trenta secondi. Abbiate la compiacenza di leggervi prima tremila pagine – ha dichiarato Gratteri – studiate e poi fate le analisi. Io non accetto le visite private nel mio studio per ricevere le vostre scuse. Per essere credibili bisogna avere una storia di coerenza alle spalleeci sono tante colpe nella magistratura e nell’avvocatura. Sono in magistratura dal 1986 e per me è inimmaginabile ascoltare certe intercettazioni telefoniche o ambientali da parte di persone che indossano la toga. Sono nipote di avvocato, quando ero a Locri ho iniziato a fare il giudice civile e vedevo un altro spessore morale ed etico da parte di avvocati e magistrati. Nel mio ufficio, sia a Reggio che a Catanzaro, c’erano alcune parole che ogni magistrato doveva stamparsi in mente: educazione, correttezza deontologica e lavoro. L’educazione non è scontata perché le nuove generazioni sono più scostumate rispetto a 30 anni fa. Solo perché siamo avvocati o magistrati ci sentiamo figli di un dio superiore: dobbiamo scendere dal piedistallo e metterci in discussione”.
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