Dalle intimidazioni al Club Med di Pizzo alla raccolta di voti: il racconto del pentito Accorinti
Sulla vicenda dei fiammiferi e della benzina davanti al villaggio, il collaboratore di giustizia e Saverio Prostamo informarono Tita Buccafusca, moglie di Pantaleone Mancuso e il boss di Serra San Bruno Damiano Vallelunga

di Alessia Truzzolillo
Nel 2006 Pantaleone Mancuso, detto Luni Scarpuni o anche “U biondo”, era in carcere. Così, quando Saverio Prostamo trova delle cartucce, una bottiglia di benzina e un pacco di fiammiferi davanti al ristorante sulla spiaggia del villaggio Club Med di Pizzo, inizialmente, non sapendo a chi rivolgersi va da Tita Buccafusca, moglie del boss. All’epoca, racconta il collaboratore di giustizia Antonio Accorinti, ex reggente dell’omonima cosca di Briatico, il villaggio stava sotto l’egida delle cosche vibonesi, un gruppo di famiglie legate alla figura di Mancuso. Anche il boss Antonino Accorinti, padre di Antonio, era detenuto nel 2006. Così l’attuale collaboratore e Saverio Prostamo – che supervisionava il villaggio, di proprietà di Francescantonio ed Emanuele Stillitani, per conto di Pantaleone Mancuso – decisero di rivolgersi a Tita Buccafusca «per informarla di quello che stava succedendo, anche perché nessuno era intervenuto personalmente a dire qualcosa, era stato lasciato un segno di intimidazione però non si è fatto avanti nessuno e sono andato ad informarla». La donna sarà protagonista, cinque anni dopo, di una tragica vicenda ancora avvolta nel mistero: a marzo 2011 si rivolge ai carabinieri con l’intento di allontanarsi dai Mancuso e di raccontare tutto sul loro conto per dare un futuro diverso al suo piccolo figlio. Infine rinuncia a tutto, non firma il verbale che aveva fatto redigere e torna in seno alla famiglia del marito. Un mese dopo morirà per ingestione di acido muriatico. Accorinti decide di rivolgersi anche a Damiano Vallelunga, boss di Serra San Bruno. «… era un amico di mio padre – racconta il collaboratore nel corso del processo Imponimento –, lo incontrai al Tribunale di Vibo Valentia e quando gli chiesi se potesse sapere qualcosa lui mi rispose solo: guarda che non è diretta a voi, come se sapesse la questione, ma è diretta a Luni u Biondu. Si riferiva a Luni Scarpuni, che quella cosa era diretta a lui. E quando io gli dissi: ma che si deve fare? – dice: no, no, tutto a posto, potete stare tranquilli». Accorinti riferisce che non seppe mai chi mandò quell’avvertimento e con gli Stillitani non parlò di questo fatto. Cos’altro faceva la cosca per gli Stillitani oltre a garantire protezione?, chiede il pm Antonio De Bernardo. «… mi ricordo che per le elezioni regionali, in cui il fratello del dottore, cioè l’ex sindaco di Pizzo, si presentò alle elezioni regionali tramite Prostamo e ci mandò i volantini per raccogliere un po’ di voti ma senza dare troppo nell’occhio». CONTINUA A LEGGERE QUI: «Ci mandarono i volantini di Stillitani per raccogliere voti», il pentito racconta la propaganda elettorale per le Regionali nel Vibonese
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