giovedì,Maggio 2 2024

I racconti inediti del pentito Accorinti e lo scontro Mancuso-Vallelunga tra incendi e alleanze

Il ruolo dei clan di Briatico, le alleanze, l’interessamento di Tita Buccafusca, gli spari al Club Med e l’incendio al proprietario della Rocchetta. L’intervento dei Bonavita, di Lele Fiamingo e dei Barbieri

I racconti inediti del pentito Accorinti e lo scontro Mancuso-Vallelunga tra incendi e alleanze
Nel riquadro Antonio Accorinti
Antonio Accorinti

Nuovi verbali del collaboratore di giustizia di Briatico, Antonio Accorinti, svelano le dinamiche criminali e le “strategie” dei clan nel Vibonese, tra estorsioni e scontri. Racconti per molti versi inediti e che puntano a far luce anche su diverse vicende inesplorate o rimaste impunite. Ci fu un incendio in un cantiere edile in località Brace di Briatico ed arrivarono da me – racconta Antonio Accorinti – Antonio Tripodi con Raffaele Fiamingo e Francesco Mancuso, alias Tabacco. Quest’ultimo, che mi conosceva, si avvicinò a me per dirmi: “Visto che tuo padre comanda Briatico, dovete pagare voi i danni. In quel frangente, Raffaele Fiamingo mi fece un occhiolino, come se volesse tranquillizzarmi. Mio padre, in quel periodo, era ai domiciliari e quando andai da lui per spiegargli l’accaduto, mi disse di andare a comprare il materiale incendiato da Raffaele Fiamingo a mò di risarcimento danni. Recatomi quindi al negozio di Raffaele Fiamingo per acquistare il materiale, questi non me lo fece pagare. Preciso che non eravamo stati noi ad incendiare il cantiere, mio padre intuì che potesse essere stata una “carretta” dal momento che secondo mio padre ad effettuare l’incendio era stato tale Francolino che però non si era assunto la responsabilità dell’atto rimanendo in silenzio e facendo cadere le conseguenze sulla mia famiglia. Preciso che in quel periodo la famiglia Melluso di Briatico non faceva parte del nostro gruppo, ma era legata ai Tripodi di Vibo Marina e Portosalvo e tramite questi a Francesco Mancuso, detto Tabacco. Analoga posizione – ha fatto mettere a verbale Antonio Accorinti – era all’epoca propria anche della famiglia Niglia”.

L’incendio al proprietario del Baia della Rocchetta

Tita Buccafusca e a destra Pantaleone Mancuso e Antonino Accorinti

Le dinamiche criminali e le alleanze vengono quindi ricostruite con dovizia di particolari da Antonio Accorinti. “Francesco Mancuso, detto Tabacco, voleva che mio padre andasse dalla sua parte, ma mio padre rifiutò, dicendo che lui sarebbe rimasto fedele solo a Pantaleone Mancuso Scarpuni. Fui proprio io a riferire tale risposta a Ciccio Tabacco. I Niglia, per quanto ne so, erano inizialmente con Francesco Mancuso Tabacco, ma avevano paura di noi, sicuramente non erano schierati con noi, ma con Francesco Mancuso, con i Melluso e con i Tripodi. Quando fu eseguita l’operazione Odissaea, ricordo che vennero arrestati mio padre e Peppe Accorinti. In quel periodo era uscito Ciccio Barbieri di Pannaconi. Poco dopo gli arresti venne incendiato un garage del proprietario della Baia della Rocchetta, tale marchese Francesco Giuseppe Bisogni. Alla Baia della Rocchetta lavorava mio zio, il fratello di mia madre, il quale venne a trovarmi per informarmi di quanto accaduto. Io ho riferito tutto a mio padre il quale mi disse di recarmi da Francesco Barbieri che avrebbe risolto la questione. Andai quindi, accompagnato da mia madre, nella campagna di Barbieri. Preciso che io conosco molto bene Francesco Barbieri che era vicino alla nostra famiglia, tra l’altro mio padre ha provveduto al suo sostentamento durante gli anni in cui era detenuto. Francesco Barbieri mi disse subito che, ad incendiare il garage, era stato Giuseppe Pugliese di Sciconi e mi suggerì di andargli a sparare. Andai quindi da Pino Bonavita il quale mi confermò l’identità dell’autore dell’incendio. Successivamente andai dal Pugliese in persona che però mi disse di non aver commesso il danneggiamento. Ho capito allora – continua Accorinti – che i due stavano tramando alle mie spalle, ma soprattutto alle spalle di mio padre, sicuramente perché a loro non andava bene il fatto che mio padre fosse cresciuto molto, economicamente, in quel periodo, escludendo il Bonavita dagli affari più remunerativi”.

Il Club Med nel mirino e l’intervento di Vallelunga

Il defunto Damiano Vallelunga

Il racconto di Antonio Accorinti passa quindi alla narrazione di altri episodi di rilievo. Poco dopo ricordo che spararono una sera al Club Med e misero delle cartucce al lido. Noi ci preoccupammo perché intuimmo che stava per accadere qualcosa contro di noi, infatti giravamo sempre armati. A seguito di questi episodi minatori, andai a Nicotera a parlare con Tita Buccafusca, ricordo che c’era il fratello che mi assicurò che se la sarebbero vista loro”. Da ricordare che Tita Buccafusca di Nicotera Marina era la moglie del boss Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, morta suicida ingerendo acido muriatico. “Quando tornai a Briatico venne da me Bonavita a chiedermi se fosse successo qualcosa ed io, per mettergli paura, gli dissi di essere già andato a parlare a Nicotera. Quella sera stessa, mi convocò Pino Bonavita per cercare di capire chi fosse stato a sparare al Club Med. Ci recammo quindi nel cortile dell’Eden Park dove erano presenti Francesco Barbieri e Nicola Fusca i quali mi chiesero il motivo per cui fossi andato a Nicotera. Quando capirono che anche noi eravamo armati, Barbieri mi tranquillizzò dicendomi di essere amico di mio padre e mi chiese di fare un’azione al Club Med perché “U biondu” – così loro chiamavano Pantaleone Mancuso Scarpuni – non avrebbe dovuto intromettersi in questa vicenda in quanto in quel territorio erano competenti altre persone, ma non mi dissero quali. Io sapevo però che si riferiva agli Anello ed ai Vallelunga. Un giorno – continua Accorinti – incontrai Damiano Vallelunga al Tribunale di Vibo Valentia, il quale mi confermò che Luni “U biondu” si stava allargando ingiustificatamente nelle loro zone, tuttavia mi tranquillizzò dicendomi che non ce l’aveva con mio padre che per lui era come un fratello. In quel periodo effettuai molteplici acquisti di armi per il tramite di Giuseppe Collia, perché avevo tanta rabbia nei confronti di Barbieri e Bonavita e avevo intenzione di difendermi da eventuali loro attacchi nei miei confronti o addirittura di fare io dei passi nella  direzione di uno scontro armato”.

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