Rinascita Scott: il dipendente di Equitalia sodale del boss Mancuso e l’elicottero “regalato” agli sposi di Nicotera
La sentenza del maxiprocesso ricostruisce il ruolo di Vincenzo Spasari come uomo di fiducia del clan e anche quale gestore occulto di un centro per migranti nel Vibonese
C’è anche un ufficiale di riscossione di Equitalia (in servizio a Vibo Valentia) tra gli uomini più legati al boss di Limbadi Luigi Mancuso. È Vincenzo Spasari, 63 anni, di Nicotera, condannato in primo grado a 17 anni di reclusione per associazione mafiosa nel maxiprocesso Rinascita Scott. E proprio le motivazioni della sentenza del maxiprocesso – recentemente depositate – restituiscono il ruolo importante per il clan Mancuso incarnato da Vincenzo Spasari, “soggetto contiguo alla cosca Mancuso, direttamente legato a Luigi Mancuso, latore di imbasciate e di messaggi provenienti e rivolti soprattutto al boss. L’imputato – ricorda il Tribunale di Vibo Valentia in sentenza – è il padre di Aurora Spasari che nel settembre 2016 ha sposato Nino Gallone, nipote di Pasquale Gallone e figlio di Pino Gallone, matrimonio che è balzato agli onori della cronaca per l’atterraggio di un elicottero davanti alla chiesa di Nicotera”. Pasquale Gallone è stato condannato in appello nel processo Rinascita Scott (troncone abbreviato) a 19 anni e 8 mesi per associazione mafiosa in quanto ritenuto il braccio destro del boss Luigi Mancuso.
Proprio in relazione al matrimonio con l’elicottero i giudici riportano a questo punto in sentenza un commento captato sull’auto di Giovanni Giamborino di Piscopio secondo il quale l’elicottero per gli sposi sarebbe stato in realtà un regalo di Luigi Mancuso Dichiara infatti Giovanni Giamborino nelle intercettazioni: “Per l’elicottero? Mah, hanno chiamato anche a uno, evidentemente può darsi pure che è facile pure che l’ha mandato Luigi, che non gli serviva un elicottero e gliel’ha regalato lui, hai capito? Perché lo stanno aiutando loro…”. Giovanni Giamborino, ritenuto un altro “fedelissimo” di Luigi Mancuso, è stato condannato in Rinascita Scott alla pena di 19 anni e 6 mesi di reclusione. Per il Tribunale di Vibo, inoltre, la “vicinanza di Spasari a Luigi Mancuso si desume anche dalla circostanza che il giorno di Pasqua del 2013 lo stesso veniva fermato e controllato in compagnia di Mancuso”. Il funzionario dell’Etr, ad avviso dei giudici, si sentiva quindi “parte di questo meccanismo e spendeva anche all’esterno il ruolo di fedelissimo di Luigi Mancuso, atteggiandosi come un soggetto importante all’interno del sodalizio”.
Spasari e gli altri sodali del clan
E’ rimasto poi provato, ad avviso del Tribunale, che Vincenzo Spasari, oltre che con Luigi Mancuso, “vantava relazioni e amicizie pure con Gallone Pasquale, con Ferrante Gianfranco (presso il cui esercizio commerciale il collaboratore di giustizia lo vedeva spesso) e con La Malfa Emanuele. Vincenzo Spasari è rimasto coinvolto anche nell’operazione Robin Hood insieme a Ferrante Gianfranco e anche in quel procedimento, dove è stato condannato per minaccia ed estorsione aggravate dalle modalità mafiose, emergevano gli stretti rapporti con Luigi Mancuso per il quale si prodigava al fine di far assumere il cognato, Damiano Zinnato, fratello di Rosaria Zinnato”. L’insieme degli elementi probatori conduce così “univocamente ad affermare che Spasari Vincenzo è un partecipe dell’associazione ‘ndranghetistica, nella sua articolazione di Limbadi e confermano quanto dichiarato sul suo conto da Emanuele Mancuso, che lo ha definito “parte integrante del clan”. Il compendio intercettivo mostra inoltre come Vincenzo Spasari “agisse eseguendo le direttive di Luigi Mancuso” e riscontro hanno trovato anche le dichiarazioni del collaboratore Emanuele Mancuso che ha definito Vincenzo Spasari come “l’uomo della cosca Mancuso deputato a gestire il centro di accoglienza per migranti Summer Time di Joppolo”.
Il centro per migranti a Joppolo
Vincenzo Spasari è stato infine imputato anche per il reato di truffa inerente il suo ruolo di gestore occulto, “per conto della ‘ndrangheta” del centro per migranti “Summer Time” di Joppolo, centro “fonte di guadagni per il gruppo criminale – si legge in sentenza – che peraltro veniva aperto a Joppolo, territorio controllato dalla famiglia Mancuso e dove è impensabile che un’attività lucrativa possa essere aperta senza il placet dell’organizzazione”. Per il Tribunale in questo caso il reato di truffa ai danni dello Stato non è stato però consumato poiché “il centro veniva chiuso dopo due mesi dall’apertura in quanto la onlus Opus non è stata poi autorizzata ad operare come centro di accoglienza. Le spese che il centro aveva sostenuto non sono state pagate con i finanziamenti che lo Stato avrebbe dovuto dare all’associazione per l’apertura del centro” e quindi per i giudici non c’è stato il reato di truffa, “non ravvisandosi gli artifici o raggiri nella condotta di utilizzare l’associazione Opus al fine di partecipare alla suddetta gara d’appalto, ottenere l’aggiudicazione, stipulare il successivo contratto e conseguire l’affidamento del servizio di accoglienza. L’associazione, già attiva nel campo della gestione dei migranti soprattutto in altre zone della Calabria, partecipava realmente alla gara con l’intento di conseguire l’affidamento del servizio. La circostanza che emerga la presenza di Vincenzo Spasari nella gestione del centro, nonostante lo stesso non avesse alcun titolo formale per ingerirsi, si spiega al più con altre motivazioni che esulano – sottolineano i giudici in sentenza – da un tentativo di truffare lo Stato”. Resta tuttavia provato il ruolo di gestore occulto del centro da parte di Spasari e tale circostanza “ha certamente rilievo ai fini associativi” in quanto è emerso l’interesse del clan di Limbadi per il business dei migranti. Infine vi sono “numerosissime captazioni dalle quali emerge che Spasari si occupava di questioni gestorie e organizzative, anche in relazione all’assunzione del personale nel centro per migranti”, mentre per il Tribunale è rimasto anche provato che “effettivamente la polizia giudiziaria ha accertato che i dipendenti e i volontari che lavoravano in questa onlus nel centro di Joppolo erano tutti soggetti vicini alla famiglia Mancuso: Burzì Francesca, Saccomanno Antonina e Saccomanno Anna, Spasari Aurora, Vardè Anna. Vecchio Caterina e Mancuso Emanuele. Vecchio Caterina annoverava anche – si legge sempre in sentenza – delle frequentazioni con Gallone Giuseppe Antonio, fratello di Gallone Pasquale. Il coordinamento del centro formalmente era affidato a Mirabello Bruno, parente dello Spasari, operatore sociosanitario e dipendente part-time presso una yogurteria. In realtà, dal complesso intercettivo – conclude il Tribunale – emerge il ruolo di Vincenzo Spasari nella direzione del centro, sebbene lo stesso fosse dipendente di Equitalia”.
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