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Così il pentito Fortuna ha iniziato a svelare i segreti dei clan vibonesi alla Dda: storia di una collaborazione cominciata male

Dopo il primo interrogatorio gli inquirenti "bocciano" l'ex killer dei Bonavota. Poi il rapporto inizia con le rivelazioni sul patto con le cosche crotonesi per il delitto Di Leo

Così il pentito Fortuna ha iniziato a svelare i segreti dei clan vibonesi alla Dda: storia di una collaborazione cominciata male
Francesco Fortuna

È cominciato in salita il percorso collaborativo di Francesco Salvatore Fortuna. Tra il primo e il secondo incontro con i magistrati della Dda è passato più di un mese.
Il 30 agosto scorso, il primo interrogatorio tenuto dal neo collaboratore, si è concluso con una nota della Dda di Catanzaro secondo la quale non esistevano «i presupposti per il prosieguo dell’interrogatorio e per la promozione del programma di protezione, per cui si invita il collaboratore a riflettere ulteriormente sulla volontà di collaborare pienamente, rinviando ad altro eventuale interrogatorio – qualora richiesto – per gli approfondimenti necessari e le precisazioni del caso». Il tre ottobre si ritrovano nuovamente faccia a faccia l’ex killer della cosca Bonavota e il sostituto procuratore Antonio De Bernardo insieme ai carabinieri della Provinciale di Vibo Valentia.
Questa volta Fortuna, assistito dall’avvocato Antonia Nicolini, porta con sé un foglio a righe con due facciate fitte di appunti.

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L’omicidio Belsito e la pistola che si inceppa

Per quanto riguarda l’omicidio di Domenico Belsito, avvenuto nel 2004, che gli viene contestato in un processo davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, Fortuna ribadisce che «a realizzare l’agguato sono stati materialmente Salvatore Mantella e Francesco Scrugli (deceduto in un agguato di mafia nel 2012, ndr), mentre Andrea Mantella si è occupato di recuperare i killer che si sono allontanati dalla zona con l’autovettura di proprietà di Salvatore Mantella. Nel pomeriggio in cui è stato compiuto l’agguato io e Domenico Bonavota eravamo in giro a Sant’Onofrio appositamente per farci vedere e lì abbiamo appreso la notizia. In serata poi ricordo che ci siamo incontrati con Andrea Mantella, Salvatore Mantella e Francesco Scrugli ed in tale occasione ci hanno raccontato come è avvenuto l’agguato e del fatto che Belsito non era ancora morto a causa, forse, dell’inceppamento della pistola oltre che alla presenza di altri soggetti nel luogo dove è avvenuto l’agguato. In tale circostanza era presente anche Onofrio Barbieri, Nicola Bonavota e Domenico Bonavota».

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La visita di Domenico Bonavota in ospedale per non destare sospetti

In seguito all’agguato Domenico Belsito è stato ricoverato in ospedale e, in quella occasione «Domenico Bonavota si è recato in ospedale per far apparire che lui non aveva nulla a che fare con questo omicidio. Non escludo però che Andrea Mantella e Francesco Scrugli avessero pianificato di procedere con l’eliminazione di Belsito all’interno dell’ospedale cosi come non escludo che gli stessi hanno parlato di ciò con Domenico Bonavota e che quest’ultimo non ha raccontato nulla a me in quanto poi Belsito è deceduto ugualmente».

Il delitto deciso un anno prima

L’omicidio «era stato deciso circa un anno prima rispetto al momento in cui fu effettivamente organizzato ed eseguito», racconta Fortuna, e le ragioni stavano in una relazione extraconiugale che Belsito intratteneva e che comprendeva questioni di onore. Una relazione che era «osteggiata e criticata anche dai fratelli Pasquale Bonavota, Nicola e Domenico nonché di Domenico Cugliari e Bruno Cugliari motivo per il quale venne deciso di procedere alla sua eventuale eliminazione anche se non era una cosa che doveva essere svolta in via prioritaria».

L’omicidio Di Leo deciso dopo la bomba a una concessionaria di Sant’Onofrio

Sull’omicidio di Domenico Di Leo, avvenuto anche questo nel 2004, Fortuna non ha dubbi: su questo delitto decisero «Domenico Cugliari e Domenico Bonavota, mentre Nicola Bonavota si è occupato del recupero dei killer a seguito dell’omicidio». Le ragioni della decisione starebbero in un «danneggiamento mediante una bomba perpetrato ai danni della concessionaria presente in Sant’Onofrio per la quale Di Leo veniva ritenuto responsabile».

L’agguato

«A compiere materialmente l’agguato – dice il collaboratore – siamo stati io, Andrea Mantella e Francesco Scrugli mentre Nicola Bonavota si è occupato del nostro recupero. Onofrio Barbieri, invece, aveva tagliato il lucchetto di un casolare ove ci eravamo nascosti per compiere in seguito l’agguato. In questo caso sia io che Francesco Scrugli indossavamo i guanti in lattice che poi sono stati trovati all’interno dell’autovettura utilizzata per compiere l’omicidio. Anche in relazione all’omicidio di Raffaele Cracolici sia io che Francesco Scrugli indossavamo dei guanti in lattice che non sono stati rinvenuti perché ce li siamo portati dietro una volta commesso l’omicidio».

Le riunioni con i crotonesi prima dell’agguato

«In relazione alla realizzazione dell’agguato – dice Fortuna – in un primo momento io e Nicola Bonavota ci siamo recati dagli Arena di Isola Capo Rizzuto, e nello specifico da Franco Gentile, Pino Arena e Paolo Lentini, per chiedere supporto e questi ci avevano dato la loro disponibilità, Non è vero che i crotonesi sono venuti a Sant’Onofrio per come invece ha indicato Andrea Mantella. Pasquale Bonavota non era presente alle riunioni propedeutiche alla realizzazione dell’agguato ai danni di Di Leo ma sicuramente ha avallato l’omicidio anche in considerazione della bomba esplosa nei confronti della concessionaria».

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