venerdì,Maggio 23 2025

Con il poster delle ragazze di Non è la Rai appeso al muro della cella: reportage nel vecchio carcere di Vibo tra abbandono e degrado – VIDEO

Un convento agostiniano del 1400, nel cuore del centro storico, ha ospitato fino al 1997 i detenuti. Oggi sull’antichissimo edificio è caduta una spessa patina d’oblio. Siamo andati ad esplorarlo con le nostre telecamere

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Urbexer” per un giorno. Nelle grandi metropoli si chiamano così gli esploratori di edifici e aree abbandonate, con una crasi tra “urban” ed “explorer”. A Vibo per diventarlo non serve fare tanta strada, basta inoltrarsi nel centro storico, sotto l’ombra del Castello Normanno Svevo che si staglia poco più in alto. Qui, con tanto di targa che ne indica la datazione, si trova un vecchio convento agostiniano costruito agli inizi del ‘400 ma poi trasformato in carcere. E tale è rimasto fino al 1997, quando fu definitivamente chiuso. Quell’anno, i detenuti, un centinaio in tutto, vennero trasferiti nel nuovo penitenziario di località Cocari. Sono passati quasi 30 anni e da allora il degrado ha preso possesso di questo tesoro dimenticato.


Fino a qualche mese fa il palazzo, avvolto dalla vegetazione, era inaccessibile. Poi il lucchetto che bloccava la porta in ferro dell’ingresso è stato divelto. Chiunque, se ha abbastanza sangue freddo, può entrare nel vecchio monastero che trasuda storia e mistero. Lo abbiamo fatto con le nostre telecamere, per documentare ciò che resta del carcere di Sant’Agostino.

Appena entriamo notiamo un mucchio di vestiti e alcune bottiglie per terra. Il segno del passaggio di qualche senzatetto, ma potrebbero rivelare anche la presenza saltuaria di tossicodipendenti che vengono qui, lontano da occhi indiscreti.

Un calendario riporta la data del maggio 1995, un altro è fermo a gennaio dello stesso anno, nelle caselle sono trascritti alcuni appunti per visite mediche e ferie. Affisso su una delle tante pareti scrostate dall’umidità c’è anche una lista della spesa con il prezzo in lire delle varie derrate alimentari. Un giornale riporta la notizia di “Berlusconi gradito anche dal Pd”, ma questa volta l’anno è il 2009, segno che dopo la chiusura il palazzo è stato frequentato. D’altronde, nel 2014 la polizia scoprì qui un’officina meccanica abusiva. Altre indagini accertarono inoltre che l’edificio veniva utilizzato come nascondiglio per armi. Ma dopo il clamore di quelle operazioni, sull’ex carcere cadde nuovamente l’oblio.

Il nostro viaggio prosegue tra le celle che ad ogni piano via via diventano sempre più cupe e strette. Sulle pareti di una cella c’è ci sono i poster quasi intatti dei “Take That” e dei “Kikers”. E ci sono pure diverse foto delle ragazze di “Non è la Rai” e, per non farsi mancare nulla, anche un santino.

I bagni sono stati vandalizzati, così come le cabine elettriche e le porte. Tutto è stato saccheggiato. Della sala magistrati, posta al piano terra, resta solo la scritta. Il piccolo cortile all’esterno che si intravede dalle sbarre, è sigillato dal filo spinato

Ci addentriamo nella famigerata cella 17 che – secondo le dichiarazioni fornite dai pentiti – spettava ai vibonesi perché dalla finestra si vedeva tutta la città e perché si affacciava su un vicolo, quindi era facile comunicare con l’esterno. Oggi la finestra è per metà murata. A fianco, nella cella numero 18, ci stavano quelli di Limbadi, i Mancuso, secondo quanto dichiarato a suo tempo sempre dai collaboratori di giustizia, i quali riferirono che in quel carcere c’era molta libertà di movimento e di azione. Tra il 1973 e il 1974 si verificarono due sommosse, faticosamente domate, causate dalla protesta dei detenuti che lamentavano precarie condizioni igieniche del carcere. Di tutto questo resta solo un’eco ormai lontanissima che si sta spegnendo.

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