Processo Maestrale: l’estorsione con l’Affittacamere a Tropea nella deposizione del comandante Pastori
La teste della pubblica accusa – all’epoca alla guida del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Vibo – ha spiegato in aula gli sviluppi investigativi di una vicenda che ha visto in prima fila i clan di Zungri e Cessaniti con l’interessamento anche del boss Luigi Mancuso e dei Pesce di Rosarno

Deposizione del capitano Veronica Pastori – oggi comandante della Compagnia di Sala Consilina, all’epoca dei fatti alla guida del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Vibo Valentia – nel processo nato dall’operazione Maestrale-Carthago nella quale sono poi confluiti pure i procedimenti nati dalle inchieste antimafia denominate Olimpo ed Imperium. Il teste della pubblica accusa ha in particolare deposto dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente il giudice Giulia Conti) ripercorrendo diversi episodi al centro delle contestazioni della Dda di Catanzaro (pm Irene Crea) nel maxiprocesso che vede a giudizio 187 imputati.
Tra gli episodi ricostruiti dal teste in aula – e al centro delle contestazioni –, la tentata estorsione che vede tra gli imputati anche Maria Rosa Pesce (cl ’53) nativa di Rosarno ma residente a Tropea. La donna avrebbe in particolare evocato la cosca Pesce di Rosarno rivolgendo alla persona offesa Nazzareno Cichello frasi dal tenore minaccioso (“ti sciolgo nell’acido”), compiendo atti diretti ad ottenere coattivamente da Cichello l’intero adempimento che, come spiegato in aula dal capitano Veronica Pastori, consisteva nel pagamento della somma complessiva di 23mila euro (di cui la parte offesa al momento del fatto aveva versato 10mila euro) relativa ad un contratto di affitto per un immobile sito a Tropea, vicolo Saiace, destinato ad uso affittacamere denominato “Residenza Donna Peppina”.
Dalle indagini alle quali ha partecipato anche il capitano Veronica Pastori, è emerso che la Pesce “non era proprietaria di tutte le cinque camere di cui l’immobile era composto, ma solo di due”, volendosi così procurare un ingiusto profitto ma non riuscendo nell’intento per la contraria volontà della persona offesa, la quale avrebbe cercato “protezione” prima rivolgendosi ad Angelo Accorinti di Zungri e Michelangelo Barbieri di Cessaniti e poi, dopo che gli Accorinti avevano sollevato la questione dinanzi ai Pesce di Rosarno, intromettendosi nella vicenda posta il boss di Limbadi, Luigi Mancuso, quale figura di vertice del “Crimine” della provincia vibonese. “Attraverso Francesco Barbieri di Pannaconi di Cessaniti, Domenico Cichello è stato convocato da Luigi Mancuso – ha spiegato il teste in aula – ed è stato Barbieri a suggerire a Cichello di scaricare tutto sullo stesso Barbieri nel caso in cui si fosse trovato in difficoltà al cospetto di Luigi Mancuso”.
Anche Maria Rosa Pesce si sarebbe rivolta a Luigi Mancuso per dirimere vicenda, con il boss di Limbadi resosi subito conto di aver sbagliato persona, dovendo convocare Nazzareno Cichello anziché Domenico Cichello. Sarà proprio Luigi Mancuso, in ogni caso – secondo le risultanze investigative dei carabinieri – a risolvere la questione facendo versare a Nazzareno Cichello il denaro da corrispondere al “locale” di ‘ndrangheta di Zungri anziché alla cosca Pesce di Rosarno.
I soldi da dividere
Gli imputati avrebbero quindi costretto Nazzareno Cichello, coartando del tutto la volontà di quest’ultimo, a versare in loro favore la somma di 17.000 euro, divisa in due tranches da 8.500 euro. La prima suddivisa in cinquemila euro destinati a Domenico Cichello (per conto del boss del “locale” di Zungri Giuseppe Accorinti) e poi 3.500 euro a Francesco Barbieri (ritenuto al vertice del clan di Cessaniti facente parte del “locale” di Zungri) per saldare altri asseriti crediti da loro maturati con i Pesce di Rosarno.
La seconda parte del denaro (8.500 euro) sarebbe stata invece – come ricostruito in aula dal comandante Veronica Pastori – interamente devoluta agli esponenti del “locale” di ‘ndrangheta di Zungri e in particolare nelle mani dell’esponente di vertice Francesco Barbieri.
Il tutto con il pretesto della compensazione del debito maturato dal Nazzareno Cichello nei confronti di Maria Rosa Pesce. Una parte del denaro sarebbe stata consegnata da Nazzareno Cichello a Domenico Cichello e Francesco Barbieri alla presenza di “Giuseppe Pugliese, detto il Professore – ha ricordato il teste in aula – ritenuto vicino a Luigi Mancuso e che avrebbe controllato le fasi della trattativa e verificato l’effettiva consegna del denaro”. Giuseppe Pugliese è stato poi individuato nell’odierno imputato di 74 anni, di Spilinga.
Nella vicenda si sarebbero quindi introdotti altri due indagati (pure loro imputati): Vincenzo Crudo, 33 anni, di Vena Superiore, e Salvatore Policaro, 57 anni, di Filandari. Consapevoli del disegno criminoso messo in atto ai danni di Nazzareno Cichello, secondo i riscontri investigativi illustrati in aula dal teste Veronica Pastori, avrebbero supportato Francesco Barbieri nell’organizzazione dell’incontro per la consegna di denaro, anche accompagnando il presunto boss di Cessaniti in auto a diversi appuntamenti, dietro promessa di aver accesso ad una parte del denaro estorto.
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