Il Vibonese come una “selva oscura”, cronaca di una serata passata tra ospedali in affanno e strade dissestate: «Gironi danteschi»
La consigliera comunale di Zambrone Mariella Epifanio racconta la sua esperienza dopo una caduta in casa. Insieme a lei una coppia di turisti tedeschi in cerca di assistenza. «Forse solo una ripartenza dopo l'azzeramento del sistema può cambiare le cose»
Dopo una brutta caduta dalle scale che le ha causato dolori lancinanti, l’arrivo al Pronto soccorso di Tropea e poi all’ospedale di Vibo, Mariella Epifanio di Zambrone ha scritto a il Vibonese.it per raccontare la sua «esperienza infernale», evidenziando difficoltà e disagi affrontati nei due presidi ospedalieri assieme a una coppia di turisti tedeschi accompagnata per una frattura scomposta. Utilizzando la metafora dantesca di Caronte e dell’Inferno, descrive un percorso ad ostacoli che inizia dalle strade dissestate lungo la costa e si conclude in ospedali con «servizi inefficienti e ambienti di lavoro inadeguati per il personale». La sua esperienza condivisa con la coppia tedesca, che riportiamo integralmente, l’ha porta a una riflessione più ampia sulla responsabilità collettiva, sottolineando come il «fallimento del sistema» sia imputabile alla «mancanza di senso civico, ordine e bellezza nel territorio, e soprattutto all’egoismo e all’interesse personale che prevalgono sul bene comune». La vicenda personale però è un forte appello al cambiamento radicale: è necessario «azzerare il sistema e affidare i ruoli di responsabilità a persone capaci e disinteressate, guidate unicamente dall’amore per la propria terra e i suoi abitanti, trasformando l’Inferno in Paradiso».
«Nella Divina Commedia di Dante, Caronte è descritto come un vecchio demone con la barba bianca e gli occhi rossi come il fuoco. È il traghettatore che porta le anime dei dannati attraverso il fiume Acheronte. L’Acheronte è un fiume cruciale nella narrazione del poema allegorico/didascalico di Dante Alighieri, e anche nel mio racconto. Simboleggia la transizione dalla vita alla morte e il passaggio senza ritorno nell’Inferno. La descrizione di Caronte, qualche giorno fa, mi è calzata a pennello per aver scortato nella sanità vibonese, una coppia di turisti tedeschi incontrati al Pronto soccorso di Tropea. Descrizione troppo demoniaca del mio volto? Niente affatto. Al Pronto soccorso ci sono arrivata per una brutta caduta dalle scale. I dolori erano lancinanti e percorrere la ex Ss n. 522 con buche e manto stradale a tratti disconnesso, è stata una tortura. E immaginate percorrerla dopo essere caduti di peso, per vari gradini, sull’osso sacro. Arrivo all’accettazione. Dietro lo sportello nessuno. Fuori un po’ di persone. Suono al citofono dopo almeno 15 minuti; aspettavo perché ero convinta che qualcuno dovesse stare alla postazione e invece dovevo chiamarlo io come in hotel, col campanello. Arriva un infermiere mi chiede cosa ho, gli spiego e mi dice che c’è da aspettare. Chiedo quanto tempo. Mi dice di non saperlo ma comunque un bel po’ perché c’è un solo dottore. Arriva una coppia di tedeschi. Mi chiedono informazioni e mi spiego col traduttore. Vedo il suo problema. Aveva una frattura scomposta dell’avambraccio sinistro».
«La signora non si reggeva in piedi dal dolore o dallo shock e li invito ad andare all’ospedale di Vibo, dove ci sarei andata anch’io visto che era quasi sicuro che avevo un dito rotto e potevamo almeno contare sulla presenza del reparto ortopedico per l’ingessatura. Ritorno in auto con gli occhi ancora più carichi di fuoco dal dolore per le sollecitazioni tra buche e asfalto disconnesso. Risalgo la Sp n. 83 per le frazioni di Zambrone. Qui, nel primo Girone dell’inferno, mi trovo smarrita nella Selva oscura. Nella Divina commedia, la Selva oscura è un luogo simbolico che rappresenta il disorientamento spirituale, un ambiente selvaggio, aspro, ostile e forte, difficile da attraversare. Con grande forza lo supero ma, attorno a me, la visione è talmente triste, che al dolore fisico, si aggiunge quello dell’anima. Abbandono, sterpaglie alte più delle auto, marciapiedi invisibili, ancora buche, rami di albero sull’asfalto, carreggiate ridotte dalla fitta vegetazione. Arrivo allo “Jazzolino”. Cerco un parcheggio più vicino possibile al Pronto soccorso perché ho difficoltà a camminare. Finalmente lo trovo. A circa 300 metri dall’entrata ma, lo trovo. Faccio l’accettazione quasi insieme alla coppia tedesca che era arrivata dietro di me. Descrivo la procedura ai compagni di viaggio, affinché nel Girone infernale sanità di Vibo, i signori non perdano la speranza. Troviamo sul nostro percorso delle anime pie che finalmente ci indirizzano per gli rx e la visita ortopedica».
«Anime che lavoravano in uno studio senza finestre, dove il condizionatore perdeva acqua e dall’alto, gocciolava in un piccolo secchio. Dal secchio poi, tutto attorno, saltava fuori qualche goccia sul pavimento. “Poco male”, ho pensato, “Sono già in ospedale se scivolo ancora, arriverò in un Girone più in basso, più al centro della terra”. Mi guardo attorno. Dal tragitto in strada, fin dentro l’ospedale, mi dico e mi ripeto che la colpa è nostra. È tutta nostra. Se un medico deve lavorare in certe condizioni, se la struttura ospedaliera è in condizioni critiche, se dobbiamo vivere in un sistema in cui è diventato ormai normale avere strade rotte, cespugli sulla carreggiata, ditemi: come fa un bambino a crescere senza il senso del bello attorno e poterlo quindi considerare parte fondante di una società civile? Perché se questo senso del bello e dell’ordine non c’è, non potrà diventare un cittadino attivo ed esemplare da grande. Insomma, uno migliore di noi, sicuramente. Uno di quelli che potrà far bene a questa terra. Nel Girone dell’inferno, Dante ci ha messo chi non fa nulla per cambiare le cose, chi pecca di lussuria, di gola, avarizia frode e tradimento. E gli ignavi, ossia coloro che non hanno saputo prendere mai una decisione o al contrario, quelli che cambiavano idea continuamente, che non si schieravano mai da nessuna parte (la nostra provincia è piena di anime che cambiano idea continuamente, bandiere, partiti, interessi, amici)».
«Ma nell’inferno di Dante, ci andarono anche gli angeli che non seppero decidere se allearsi con Dio o con Satana. Riusciremo a capire in questo inferno di provincia che c’è un solo modo per vivere bene ed è farlo allontanando chi mette prima del bene di tutti, l’interesse personale? Azzerare il sistema, dovrebbe essere l’imperativo oggi. Solo uomini e donne capaci nei ruoli di responsabilità, nessuna protezione di partito. Senza nessun colore o appartenenza se non quella vincolata all’amore per la propria terra e al rispetto dei suoi abitanti. Beh. Il mio giro da Caronte termina così: con gli occhi rossi e l’amaro in bocca, sperando che alla coppia tedesca sia rimasto almeno il buon ricordo di una calabrese attenta e pronta a regalare un sorriso, in un Girone a loro sconosciuto. E per me? Nessun succo di frutta, biscotti e fette biscottate in dono come si fa con i malati dalle nostre parti ma, una profonda presa di coscienza da parte di tutti, affinché si possa cambiare presto questo inferno in paradiso. E’ diventata ormai una questione di vita o di morte, di restanza o abbandono e molti, devono sentire addosso il peso di questo fallimento territoriale e sociale».