Medici cubani in Calabria, L’Avana si prende anche tre quarti dello stipendio: l’inchiesta del network dissidente CubaNet
Raccolte testimonianze e mostrati i documenti degli accordi tra i professionisti sanitari e il loro governo. Nel Vibonese i professionisti caraibici sono una trentina

L’inchiesta di CubaNet inizia nella sala di riposo di un ospedale calabrese dove una dottoressa cubana sorseggia un caffè e controlla la valanga di lamentele lasciate dai suoi colleghi su Whatsapp. È dicembre 2024 e – riporta il network che ha sede in Florida e non è certo tenero nei confronti del regime – dal comando della Missione medica cubana in Italia arriva la richiesta di cedere allo Stato una fetta di stipendio ancora maggiore di quella che la Cmsc (Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos) già detrae mensilmente.
L’azienda che media tra l’Italia e i medici chiede di più e quella dottoressa riceve soltanto 6,68 euro all’ora anziché i 34,50 previsti dagli accordi come salario base. Da quanto resta ai medici dipende la cifra che ciascuno di loro potrà inviare alla propria famiglia a Cuba.
È una storia che ripropone da quando i dottori sono arrivati in Italia per aiutare la sanità nell’era Covid e poi sono sbarcati anche in Calabria, dove tengono in piedi reparti altrimenti destinati a chiudere. Alcuni rapporti internazionali utilizzano la parola sfruttamento senza troppi giri di parole, il regime e la Cmsc negano.
Medici cubani in Calabria: le trattenute sullo stipendio
L’Italia paga direttamente i professionisti sanitari cubani. Il guaio è, secondo CubaNet, che lo L’Avana continua a imporre il proprio modello di prelievo dai loro conti correnti. CubaNet ha raccolto testimonianze di medici in servizio in Calabria e avrebbe verificato che i medici possono trattenere solo tra il 28% e il 46% del salario base netto che l’Italia paga loro, e appena il 28,5% (o meno) delle ore straordinarie e altri benefit, come tredicesime. Il resto deve restituirlo ogni mese alla Csmc attraverso una “imposta fantasma”.
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