PRESENTAZIONE RAPPORTO ANNUALE DELLA GUARDIA DI FINANZA
PRESENTAZIONE RAPPORTO ANNUALE DELLA GUARDIA DI FINANZA

Avrebbe distratto il denaro del patronato per acquistare appartamenti, case al mare, auto e titoli finanziari. Per tali motivi, la seconda sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna a 3 anni e a settemila euro di multa nei confronti di Eugenio Lo Faro, 56 anni, originario di Soriano Calabro, ma residente a Pizzoni, per il reato di autoriciclaggio così come in precedenza deciso dal Tribunale di Vibo Valentia (con sentenza del 16 settembre 2022) e dalla Corte d’Appello di Catanzaro (verdetto del 12 dicembre 2024). L’operazione della Guardia di finanza era scattata nel febbraio 2018 con il sequestro di appartamenti, case al mare, autovetture, conti correnti bancari e postali, depositi a risparmio, polizze assicurative, fondi pensione e conti deposito titoli per un valore complessivo di oltre tre milioni di euro.

L’inchiesta aveva portato alla luce il fatto che il denaro riscosso negli anni da un patronato gestito da Lo Faro – e con sedi a Soriano, Vibo e Pizzoni – invece di essere impiegato per il perseguimento delle finalità statutarie dell’associazione, attraverso una serie di operazioni bancarie (prelievi, bonifici, cambio assegni) sarebbe stato distratto e depositato su conti correnti bancari riconducibili ad Eugenio Lo Faro ed utilizzato per fini squisitamente personali. Secondo le contestazioni mosse dalla Procura di Vibo – che hanno ora superato il vaglio della Cassazione –, i soldi distratti servivano per l’acquisto di appartamenti in città d’arte, case in rinomate località balneari o venivano spesi presso esercizi commerciali che trattano elettrodomestici, articoli di ottica, calzature ed altro. All’esito delle investigazioni, il gip del Tribunale di Vibo Valentia aveva ritenuto la sussistenza in capo ad Eugenio Lo Faro non solo del reato diappropriazione indebita aggravata, ma anche quello di autoriciclaggio, essendo state reimpiegate le somme di denaro sottratte in attività economiche, finanziarie o speculative in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Le ragioni della Cassazione

Secondo la Suprema Corte, nel caso di specie le plurime e articolate movimentazioni finanziarie attuate, con il palese intento di ricavarne un profitto – impiego dei fondi illeciti nell’acquisto di titoli azionari, trasferimento dei titoli da un conto deposito di un istituto di credito ad altro istituto di credito, utilizzo dei profitti in operazioni di compravendita immobiliare – risultano connotate dalla sistematica e sempre più sfuggente trasformazione della iniziale e consistente somma di denaro attraverso una sostanziale reimmissione del denaro di provenienza delittuosa nel circuito economico-finanziario finalizzata ad ottenere quel concreto effetto dissimulatorio che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (e perciò punibile)”. Per la Cassazione, Eugenio Lo Faro “ha impresso al denaro di provenienza delittuosa una destinazione speculativa, in presenza di forme di investimento del provento del reato di appropriazione indebita diverse dal mero godimento personale di tali somme”. In particolare, è stato evidenziato come Eugenio Lo Faro, lungi dal trattenere “per sé il denaro di provenienza illecita limitandosi ad un uso personale, abbia invece deliberatamente scelto di investirlo, nella prospettiva di trarne un ritorno economico. Anche in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la Cassazione si è pronunciato. Per i giudici di legittimità, infatti, la Corte d’Appello di Catanzaro ha “correttamente valorizzato, ai fini del diniego, l’intensa capacità criminale del ricorrente desumibile dalla “spiccata professionalità nell’agire delittuoso” e la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena”. Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente Eugenio Lo Faro al pagamento delle spese processuali.

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