giovedì,Marzo 28 2024

‘Ndrangheta: Andrea Mantella e gli omicidi fra il Vibonese e Lamezia

Nuovi particolari dal collaboratore di giustizia che svela alleanze e retroscena degli accordi criminali fra i diversi clan impegnati a gestire affari milionari ed a regolare i conti con il “piombo”

‘Ndrangheta: Andrea Mantella e gli omicidi fra il Vibonese e Lamezia

“Mi sono imparentato con la famiglia Giampà di Lamezia Terme, ero cognato di Pasquale Giampà, quello ucciso, il fratello di Francesco Giampà, detto “Il Professore”. Ho così saputo che la famiglia Iannazzo è una famiglia di mafiosi con competenza territoriale nella zona che va da Sambiase sino alla nuova Sir, sino a Nocera ed a Falerna. Tutti noi la conosciamo come una famiglia mafiosa dedita all’usura, all’estorsione, all’imprenditoria e poi so attraverso i miei parenti che hanno fatto parecchi omicidi contro i Torcasio”.

Continua a vuotare il “sacco” Andrea Mantella (in foto in alto) con la Dda di Catanzaro e negli ultimi interrogatori contro i clan lametini spiega chiaramente anche l’alleanza con le cosche del Vibonese chiamando in causa “personaggi” di primo piano nel panorama mafioso calabrese.

I rapporti fra i Iannazzo ed i vibonesi. “I Iannazzo intrattenevano dei rapporti nel Vibonese in particolare con il gruppo degli Anello di Filadelfia – fa mettere a verbale Mantella – con Damiano Vallelunga e con i sangregoresi, ma pure con i Mancuso”. Un legame, quello con i Mancuso, che secondo il collaboratore di giustizia vibonese avrebbe permesso al clan Iannazzo di Sambiase di partecipare ala spartizione di alcuni lavori per la costruzione di un villaggio turistico al confine fra le province di Vibo e Catanzaro e ricadente nel territorio comunale di Pizzo Calabro. Un lavoro per il quale Andrea Mantella fa il nome di Franco Barba di Vibo Valentia quale soggetto che avrebbe gestito la gran parte dell’affare “scontrandosi”con l’ingerenza dei Iannazzo in un territorio che di fatto ricadeva sotto la competenza mafiosa degli Anello di Filadelfia.

L’alleanza fra Vallelunga ed Anello e gli omicidi per i lametini. Andrea Mantella conferma poi alcuni dati investigativi già emersi da tempo in altre inchieste antimafia in ordine al presunto strettissimo legame fra il boss Damiano Vallelunga di Serra San Bruno (a capo del clan dei “Viperari” ed ucciso nel settembre del 2009 a Riace, in foto) ed il boss Rocco Anello di Filadelfia (in foto sopra). “I Vallelunga e Rocco Anello gli facevano dei favori ai Iannazzo – spiega Mantella – per commettere degli omicidi su Lamezia. Viceversa i Iannazzo ricambiavano andando nel Vibonese per fare degli omicidi per conto degli Anello e dei Vallelunga”.

Gino Daponte a Vibo nella frutteria dei Mantella. Doveva essere lo stesso Mantella a compiere alcuni omicidi a Lamezia Terme per conto dei Giampà. Nel “mirino” alcuni componenti del clan Iannazzo come Gennaro Pulice (pure lui ora collaboratore di giustizia) e Bruno Gagliardi di Sambiase “che pretendevano di effettuare estorsioni nella zona di Nicastro di competenza della cosca Giampà”.

Mantella avrebbe ricevuto incarico di portare a termine la “missione di morte” da Vincenzo Bonaddio, ritenuto il reggente del clan Giampà in quanto cognato di Francesco Giampà, alias “Il Professore”, il fondatore dell’omonimo clan da anni ristretto in carcere per delle condanne definitive. Apprese le intenzioni dei Giampà, a Vibo Valentia alla frutteria dei Mantella si sarebbe quindi presentato Gino Daponte (in foto), ritenuto a capo dell’omonimo gruppo di Sambiase alleato dei Iannazzo. “Gino Daponte – spiega Mantella – è andato al chiosco di mia mamma e gli ha detto che era mio amico, che avevamo fatto della carcerazione insieme a Catanzaro, cosa che è realmente avvenuta e disse a mia madre se poteva avere il mio numero di telefono per incontrarmi. Mia madre gli disse: “Va bene, lo rintraccio e vi faccio parlare”. Ci siamo incontrati con Gino Daponte e mi ha chiesto se era vero che dovevo fare degli omicidi a Lamezia. Io ovviamente negai tutto e gli dissi che non era vero niente e che non avevamo intenzione di recarci a Lamezia per commettere omicidi. Ma la cosa non se la sono bevuta perché loro, i Daponte e i Iannazzo, erano sicuri che noi eravamo andati a Lamezia per sparare contro di loro. Cosa realmente vera, anche se io negai dicendo loro che si stavano sbagliando perché a noi vibonesi Lamezia non ci interessava.”

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