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“Rinascita”: decisioni del Riesame per Giovanni Giamborino e Rosario Pugliese

Regge l’associazione mafiosa per due fra i principali indagati dell’inchiesta. Revocati i domiciliari ad un 40enne di Zungri

“Rinascita”: decisioni del Riesame per Giovanni Giamborino e Rosario Pugliese
Rosario “Saro” Pugliese

Nuove importanti decisioni del Tribunale del Riesame per l’operazione “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro e dei carabinieri. Regge il reato di associazione mafiosa contestato a Rosario Pugliese, 54 anni, detto “Saro Cassarola”, attualmente latitante e ritenuto a capo di una delle ‘ndrine che si dividono la città di Vibo Valentia. Ritenuto prima elemento di primo piano del clan Lo Bianco e poi a capo del gruppo c.d. deiCassarola”, con competenza sul rione Affaccio di Vibo Valentia, nei suoi confronti il Tribunale del Riesame non ha invece confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere relativamente ad alcuni reati-fine come l’usura, in concorso con Domenico Moscato,  e l’intestazione fittizia di una società di pompe funebri ad Orazio Lo Bianco. Rosario Pugliese è altresì indagato per il reato di truffa in relazione alla simulazione della tumulazione di due migranti nel cimitero di Bivona che sarebbe avvenuta senza fornire la bara, truffando così il Comune di Vibo Valentia. A carico di Rosario Pugliese, anche il reato di estorsione ai danni del titolare di un circo che, una volta a Vibo, avrebbe consegnato gratis dei biglietti al clan Lo Bianco ed ai Piscopisani. [Continua dopo la pubblicità]

Il reato di associazione mafiosa vede indicato Rosario Pugliese quale capo e direttore del sodalizio, con compiti decisionali e rappresentativi per l’intera ‘ndrina, impartendo le disposizioni ai vari sodali, coordinandone le attività, occupandosi anche direttamente delle attività estorsive e del controllo del territorio. Contro di lui, in particolare, vi sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Bartolomeo Arena. Quest’ultimo ha indicato Rosario Pugliese come bersaglio di un omicidio che era stato programmato nei suoi confronti dal gruppo guidato da Mommo Macrì e Francesco Antonio Pardea. Rosario Pugliese è difeso dagli avvocati Francesco Lione e Franco Moretti.

Giovanni Giamborino

Ordinanza di custodia cautelare in carcere confermata anche nei confronti di Giovanni Giamborino, 59 anni, di Piscopio, fra i principali indagati dell’inchiesta. Associazione mafiosa il reato principale che gli viene contestato ed in particolare di aver mantenuto, “su disposizione di Luigi Mancuso”, i rapporti con esponenti di altre articolazioni di ‘ndrangheta come il boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale (arrestato) e anche con “i colletti bianchi, cioè – spiega il gip – con professionisti, imprenditori, politici e appartenenti alla massoneria quali Pittelli Giancarlo e Bellantoni Ugo, tutti di riferimento per la risoluzione dei problemi dell’organizzazione”. L’avvocato Giancarlo Pittelli si trova attualmente in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre Ugo Bellantoni è indagato a piede libero.  

Nei confronti Giovanni Giamborino – dipendente sospeso del Comune di Vibo Valentia – viene anche contestato il reato di violenza privata, aggravata dal metodo mafioso, poiché al fine di evitare che il dottore Domenico Consoli svolgesse una visita medica nei confronti di Francesca Gerace, 81 anni, di Nicotera, su incarico dei parenti di quest’ultima, avrebbero rivolto minacce al neurologo. 

Saverio Razionale

Altre contestazioni mosse a Giovanni Giamborino – concorso in estorsione aggravata dalle modalità mafiose – lo vedono indagato insieme a Gianfranco Ferrante, al boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale ed agli imprenditori Mario e Maurizio Artusa per la vicenda relativa all’immobile di corso Vittorio Emanuele III a Vibo divenuto sede del negozio di abbigliamento degli Artusa (con canoni che sarebbero stati estorti ai proprietari dell’immobile fra cui l’ex comandante della polizia municipale di Vibo Domenico Corigliano).

Luigi Mancuso

Unitamente al commercialista Francesco La Bella, Giovanni Giamborino è anche indagato per aver messo in atto le modalità operative per eludere le disposizioni di legge in materia di misura di prevenzione patrimoniale, attribuendo in modo fittizio ai figli Benedetta Giamborino (28 anni), Rosa Giamborino (34 anni) e il 35enne Salvatore Giamborino (pure loro indagati) la titolarità di tutte le quote della società “Grsb srl”, con sede legale a Vibo, e della proprietà dell’immobile nei pressi dell’ospedale. Reati aggravati dalle finalità mafiose, ovvero nella volontà di agevolare il clan Mancuso al quale Giovanni Giamborino viene ritenuto vicino. A Giovanni Giamborino viene infine contestato pur e il reato di usura e quello di corruzione. In quest’ultimo caso è accusato di aver promesso l’elargizione di somme denaro al comandante della polizia municipale Filippo Nesci per il rilascio, in data 18 novembre 2016, del permesso a costruire n. 2415 relativo all’immobile a Vibo Valentia nei pressi dell’ospedale.

Il gip distrettuale, Barabara Saccà accogliendo infine l’istanza proposta dall’avvocato Francesco Sabatino ha revocato gli arresti domiciliari nei confronti di Antonio Giuseppe Salamò, 40 anni, di Zungri, arrestato nell’operazione “Rinascita-Scott” con l’accusa di aver gestito un ristorante a Tropea riconducibile al boss del Poro Giuseppe Accorinti, con contestazione di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. Il gip ritenendo affievolite le esigenze cautelari ha disposto per l’indagato il solo obbligo di firma.

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