mercoledì,Aprile 24 2024

Riti religiosi e ingerenze mafiose a Vibo, la replica: «Le coscienze le giudica il Signore»

Il priore e l’assistente spirituale dell’Arciconfraternita del Rosario, Giuseppe Mirabello e monsignor Filippo Ramondino, replicano a Il Vibonese: «Chi va in cerca di perversa visibilità prima o poi si scontra con la potenza dell'Invisibile». La nostra risposta

Riti religiosi e ingerenze mafiose a Vibo, la replica: «Le coscienze le giudica il Signore»

Esprimono “vivo disappunto” i membri del consiglio direttivo e i confratelli anziani e giovani dell’Arciconfraternita di Maria Santissima del Rosario e San Giovanni Battista di Vibo Valentia, in relazione all’articolo sul condizionamento mafioso delle manifestazioni religiose, pubblicato ieri dal nostro giornale. Lo fanno in una piccata replica firmata dal priore Giuseppe Mirabello e dall’assistente spirituale monsignor Filippo Ramondino nella quale, a dispetto della sacralità dei ruoli rivestiti, trovano posto offese che ledono la professionalità dei giornalisti e mettono finanche in ombra la funzione di denuncia della libera stampa. Offese che qui riportiamo, al pari delle legittime controdeduzioni che entrano nel merito della questione, anche per consentire ai lettori di farsi un’idea esaustiva sui termini, in verità poco edificanti, della questione.

Non prima, naturalmente, di aver ribadito, anche in questa sede, che l’intento dell’articolo in questione non è mai stato quello di “infangare” (come ci viene inopinatamente rimproverato) “una istituzione ecclesiale che vanta cinque secoli di storia ininterrotta” come la Confraternita del Rosario (nominata per altro una sola volta), bensì quello di registrare fatti documentati, improntati alla veridicità, pertinenza e continenza, e richiamare l’attenzione sul fenomeno delle ingerenze di determinati soggetti – ritenuti dalla Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri e da un gip distrettuale – quali esponenti o comunque persone contigue alla criminalità organizzata nei riti della pietas popolare. Che questo piaccia o no. [Continua dopo la pubblicità]

La chiesa del Rosario

Ciò detto, è la congregazione (a firma di Giuseppe Mirabello e Filippo Ramondino), da adesso in poi a parlare: «In riferimento all’articolo ‘Ndrangheta e processioni: i clan nelle manifestazioni religiose, firmato da Giuseppe Baglivo, apparso su il Vibonese.it del 12 aprile 2020, questa Arciconfraternita si premura di dissentire dalla logica e intenzionalità comunicativa prodotta dall’autore. Si ritorna puntualmente, persino in momenti tragici di collettiva sofferenza, con la patetica e importuna, omologante e denigrante, accusa di ingerenza della Mafia nella vita della Chiesa locale. C’è un articolo in prima pagina che, puntando il dito sulla criticità di singole persone, con letture parziali e incomplete, mette nello stesso calderone santi e fanti, con raffinata disonestà intellettuale. Contemporaneamente, accanto, si leggono altri due articoli che esaltano la tradizione che non si ferma: l’Affrontata di Vibo tra fede e nostalgia, di Redazione, con tanto di video, e il messaggio del nostro Vescovo Pasqua frontiera di Pace. Una vera schizofrenia di giornalismo di provincia! Non si chiede di essere angeli per entrare in una confraternita. Si chiede, anche per statuto e regolamento accettato, di comportarsi da buoni cristiani.

Filippo Ramondino

Pertanto, in caso contrario e grave, non si vieta semplicemente di portare una statua sulle spalle, ma si viene prima ammoniti, poi espulsi dal sodalizio. Come avvenuto anche nel recente passato. È ritornello continuo di chi guida l’Arciconfraternita il richiamo ad una coscienza retta, all’importanza della buona testimonianza da parte di chi indossa un abito, rendendo anche un servizio pubblico con le tradizioni religiose. Le singole coscienze le conosce e giudica solo il Signore. Eventuale perversa ricerca di visibilità che “genera consenso sociale”, prima o poi si scontra con la potenza dell’Invisibile e, paradossalmente, qui direbbe monsignor Oscar Romero, le cose di Dio, gli atti di fede sono “come il raggio di sole che viene dall’alto e illumina. Che colpa ha il sole quando la luce purissima incontra pozzanghere, escrementi, spazzatura su questa terra? Deve illuminare queste cose, altrimenti non sarebbe sole, non sarebbe luce, non metterebbe in luce il brutto, l’orribile che esiste sulla terra”».

‘Ndrangheta e processioni: i clan nelle manifestazioni religiose

Giuseppe Mirabello

Quindi, la missiva firmata dal priore Mirabello e dall’assistente spirituale monsignor Ramondino, prosegue: «Nei casi in questione, che ci riguardano, menzionati nell’articolo, negli anni precedenti non ci risultavano di fatto procedimenti penali nei loro confronti. Programma dei riti ed elenco dei portatori erano regolarmente, anche per l’ordine pubblico e legge di pubblica sicurezza, conosciuti e visionati dalla autorità civile competente. L’azione criminosa di un socio, commessa fuori e senza relazione con l’ambito aggregativo, non è l’azione criminosa di tutta l’associazione. Come un consigliere comunale ladro non rende tutto il consiglio comunale o provinciale una banda di ladri. E questo può valere per una squadra di calcio, come per un gruppo di volontariato. Non si tratta, da parte nostra, di difendere l’indifendibile, né giammai giustificare comportamenti delittuosi, ma tutelare l’identità di un’istituzione pulita e reagire a strumentali generalizzazioni e omologazioni che offendono la dignità di persone oneste, oltre che il buon senso dell’arte del comunicare».

Ed ancora si aggiunge: «riteniamo gravissimo infangare, favorendo pregiudizi e visioni distorte, una istituzione ecclesiale che vanta cinque secoli di storia ininterrotta, e che ha dato un indubbio contributo di civiltà, cultura e trasmissione di valori genuini alla intera comunità vibonese. Toccando saccentemente questo cuore, già ferito, si offende il sentimento religioso del popolo. Al prurito manicheo del sentenzioso cronista potremmo suggerire altri metodi di indagine e comunicazione che sappiano rigorosamente distinguere i differenti livelli di interpretazione di un fatto socio-religioso. E’ molto più facile che un articolista sia asservito a lobby e ideologie disfattiste e opportuniste, che un confratello “scomodo” o “indegno” contagi una Confraternita. Ci sono le giuste e appropriate terapie interne, che le consentono lunga vita, come la storia dimostra. La “cura delle anime” va oltre ed è altro rispetto all’applicazione del Codice Civile e di una punizione carceraria, legittime e necessarie nel tempo, ma insufficienti per l’Eternità, per la salvezza dell’anima».

Infine, si ribadisce il vivo disappunto dei confratelli «il cui “senso religioso” non è assolutamente condizionato, né assimilabile a nessuna “sottocultura”, né sottomesso e accondiscendente a “pretese” di alcun boss di turno. E questo per antica e nobile tradizione».

Sin qui la replica integrale di Mirabello e monsignor Ramondino la cui prosa, nella sua grevità, nei toni usati ed in alcuni passaggi chiaramente diffamatori nei confronti di giornalisti (che lavorano anche per Agenzie di stampa nazionali se a Mirabello e Ramondino il “giornalismo di provincia” – per come sprezzatamente l’hanno definito – non piace) definiti come dotati “di raffinata disonestà intellettuale”, schizofrenici e magari inseriti in lobby, si commenta da sola. Vorrebbero stabilire (Mirabello e Ramondino) chi, come, dove, quando e in che termini può parlare delle processioni e delle presenze di alcuni soggetti arrestati a dicembre in un’operazione antimafia. Lasciamo ai lettori ogni giudizio in merito. Nessuna volontà, ripetiamo, da parte nostra di mettere in discussione il senso religioso dei singoli o dell’istituzione nel suo complesso, tanto è vero che abbiamo citato due singoli soggetti – con tanto di nomi, cognomi e fotografie – proprio per evitare generalizzazioni e per non fare di tutta l’erba un fascio.

Michele Lo Bianco

Di certo, di fronte a fatti incontrovertibili – contenuti in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere di una delle operazioni più importanti nella storia giudiziaria d’Italia (l’inchiesta “Rinascita-Scott” dei carabinieri, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri) – e sulla presenza di determinate figure (le cui vicende giudiziarie erano state pubblicate dagli organi di stampa sin dal 2011 e poi di nuovo nel 2017 e sono tuttora online) ci si aspetterebbe ben altro che una difesa fine a se stessa della propria onorabilità. Ad esempio, un accenno di ravvedimento (anche per difendere l’operato di parroci come quello di Briatico che le ingerenze dei clan nelle processioni le hanno invece denunciate) rispetto ad una maggiore e necessaria vigilanza su prassi che, nella pur nobile e lunga storia costellata di valori e civiltà, sono parse fin troppo permeabili ad ingerenze inopportune.

Orazio Lo Bianco

Che Orazio Lo Bianco (prima quindi di essere arrestato per mafia a dicembre scorso) fosse stato denunciato dai carabinieri per truffa nella sepoltura senza bare dei migranti nel cimitero di Bivona l’avevamo scritto sin dal 2017 (LEGGI QUI: Migranti senza bara nel cimitero di Bivona: c’è un indagato (NOME) ). Che Michele Lo Bianco fosse stato arrestato per furto aggravato l’avevano invece scritto tutti i mezzi di informazione locale il 12 maggio 2011. Prendiamo atto che ciò non è bastato per allontanarli dalla partecipazione dell’Affruntata di Vibo, così come prendiamo atto che è “colpa grave” dei giornalisti (secondo Mirabello e Ramondino) averne ricordato ora con un articolo ed un’inchiesta la loro presenza sino allo scorso anno. Per le offese rivolte invece alla nostra testata (che travalicano il legittimo diritto di critica), alla sua professionalità ed al giornalista autore dell’articolo, attraverso il comunicato stampa a firma Mirabello-Ramondino, ci saranno certamente le sedi opportune dove discuterne.

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