sabato,Maggio 11 2024

Coronavirus e scarcerazioni, i vibonesi che vanno ai domiciliari

Mentre non si placano le polemiche politiche in tutta Italia e gli attacchi al Ministero della Giustizia, diversi detenuti lasciano il carcere e tornano a casa. Ecco chi sono

Coronavirus e scarcerazioni, i vibonesi che vanno ai domiciliari

Emergenza coronavirus e scarcerazioni. Mentre non si placano le polemiche in tutta Italia fra le diverse forze politiche ed il ministro della giustizia annuncia nuovi provvedimenti per riportare in cella boss e gregari dei clan, a beneficiare del ritorno a casa, per via del “rischio” alla propria vita in caso di contagio da coronavirus, sono anche diversi detenuti vibonesi. Ecco nel dettaglio chi sono. [Continua dopo la pubblicità]

Nazzareno Franzè

Nazzareno Franzè. Il 18 marzo scorso ha lasciato il carcere di Lanciano per rientrare a Vibo Valentia, Nazzareno Franzè, 58 anni, detto “Paposcia”, ritenuto dal giudice distrettuale di Catanzaro soggetto “ad alto rischio di decesso in caso di infezione polmonare da Covid 19”. Nazzareno Franzè è accusato nell’inchiesta “Rinascita-Scott” (scattata a dicembre) del reato di associazione mafiosa ed in particolare di far parte del clan Lo Bianco-Barba e del “locale” di ‘ndrangheta di Vibo Valentia. Sul suo conto hanno reso dichiarazioni i collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Bartolomeo Arena che lo danno fra i partecipi a diversi summit di ‘ndrangheta.

Antonio Lo Bianco

Antonio Lo Bianco. Detenuto nel carcere Pagliarelli di Palermo, Antonio Lo Bianco, 72 anni, di Vibo Valentia, è stato arrestato il 19 dicembre scorso nell’ambito dell’operazione antimafia della Dda di Catanzaro e dei carabinieri denominata “Rinascita-Scott”. Il provvedimento di scarcerazione e sottoposizione agli arresti domiciliari è del gip distrettuale di Catanzaro e porta la data del 18 marzo scorso. Elemento di vertice dell’omonimo clan di Vibo Valentia, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nell’operazione “Nuova Alba”, in “Rinascita-Scott” gli viene contestato nuovamente il reato di associazione mafiosa (per un arco temporale successivo a “Nuova Alba”) con il ruolo di promotore e organizzatore del clan, nonchè con compiti organizzativi e decisionali all’interno della cosca, promuovendo riunioni in prima persona per dirimire i contrasti fra le diverse articolazioni del clan Lo Bianco-Barba e per prendere le decisioni più importanti.

Fabio Costantino. E’ stato condannato a 5 anni e 6 mesi con sentenza definitiva per usura nel processo nato dall’operazione “Black money” della Dda di Catanzaro. Fabio Costantino, 43 anni, di Comerconi di Nicotera, è anche coinvolto nell’operazione “Ossessione” della Dda di Catanzaro contro il narcotraffico internazionale.

Salvatore Cuturello. E’ il genero del boss della ‘ndrangheta Giuseppe Mancuso (cl. ’49, alias ‘Mbroghjia, uno dei vertici incontrastati del clan), arrestato nel dicembre del 2015 nell’ambito dell’operazione antimafia “Saggio Compagno” della Dda di Reggio Calabria. E’ stato condannato a 10 anni per detenzione di armi (almeno 68) che avrebbe affidato in custodia l’11 marzo 2014 a Giuseppe Ladini, soggetto ritenuto di spicco all’interno dell’omonimo clan di Cinquefrondi, a sua volta condannato a 20 anni di reclusione.

Salvatore Cuturello

Cuturello era inoltre accusato di reati inerenti gli stupefacenti (cocaina e marijuana) aggravati dall’articolo 7 della legge antimafia. Secondo il collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, Salvatore Cuturello, 48 anni, di Nicotera Marina, avrebbe avuto anche un ruolo nel tradire il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, e permettere l’eliminazione del boss ad opera del clan dei Piscopisani (progetto poi non andato a buon fine). Era detenuto a Voghera.

Francesco Vardè. Il 22 aprile scorso ha lasciato il carcere per i domiciliari anche Francesco Vardè, 68 anni, di Nicotera, accusato di concorso in estorsione aggravata dalle modalità mafiose nell’operazione “Rinascita-Scott”. Vardè è in particolare accusato di essere l’autore materiale di un’estorsione poiché, recandosi da Antonio Calabrese, titolare dell’omonima ditta individuale di Villa San Giovanni, aggiudicatario della gara per la realizzazione del campo polivalente coperto con annesso blocco spogliatoi “Oasi Sport – Gioventù”, in località Badia del Comune di Nicotera, avrebbe intimato all’imprenditore di continuare ad avvalersi per i lavori dei dipendenti e dei mezzi della “Vardè società cooperativa” di Nicotera, sebbene tale ditta fosse stata raggiunta da interdittiva antimafia. In concorso con Vardè, per lo stesso reato sono indagati pure Pasquale Gallone e Emanuele La Malfa di Nicotera.

Michele Lo Bianco

Michele Lo Bianco. Il 19 marzo scorso ha lasciato iol carcere di Benevento Michele Lo Bianco, 45 anni, detto “Satizzu”, di Vibo Valentia. Nei confronti dell’indagato – arrestato nell’operazione “Rinascita-Scott” – è stata disposta la detenzione domiciliare a Vibo Valentia. Michele Lo Bianco è accusato di estorsione ai danni di un imprenditore, formulando insistentemente reiterate richieste al capo cantiere per partecipare ai lavori di completamento del nuovo Tribunale di Vibo attraverso forniture di materiali.

Domenico Camillò. Il 16 aprile scorso ha lasciato il carcere di Caltanissetta per gli arresti domiciliari Domenico Camillò, 79 anni, di Vibo Valentia, arrestato a dicembre nell’operazione antimafia “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro. Camillò, ritenuto uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta di Vibo Valentia, è considerato dagli inquirenti il reggente della ‘ndrina dei Pardea, detti “Ranisi”, con il compito di mantenere l’ordine interno al sodalizio e coordinarne le attività, partecipando alle riunioni più importanti . E’ poi accusato di detenzione illegale di armi in concorso con il figlio Michele Camillò e con Domenico (Mommo) Macrì. Domenico Camillò è inoltre accusato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso (con Salvatore Morelli, Bartolomeo Arena, Domenico Camillò cl. ’94, Luigi Federici e Giuseppe Suriano) ai danni dei titolari di un pub di Vibo.

Francesco Ventrici

Francesco Ventrici. Il 21 aprile scorso ha lasciato il carcere per differimento dell’esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare anche Francesco Ventrici, 48 anni, di San Calogero, fra i principali broker della cocaina in Europa, a causa dell’emergenza dovuta al coronavirus. Il Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria ha ravvisato per lui una situazione di incompatibilità di Francesco Ventrici con la detenzione in carcere per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria. Francesco Ventrici era detenuto nel carcere di Reggio Calabria in esecuzione pena, atteso che risulta destinatario di numerose sentenze di condanna, alcune definitive. Nel gennaio dello scorso anno è stato condannato in via definitiva a 16 anni per narcotraffico nell’ambito dell’operazione “Pigna d’oro” della Dda di Bologna, mentre nel processo nato dall’operazione “Stammer” della Dda di Catanzaro è stato condannato a 11 anni in Appello, sempre per narcotraffico internazionale. Nel luglio del 2011 Francesco Ventrici è stato invece arrestato nell’operazione della Dda di Bologna denominata “Due Torri connection” e condannato in primo grado a 26 anni di reclusione per la tentata importazione dall’Ecuador di 1.500 chili di cocaina. 

Condannato anche nell’operazione “Golden Jail” della Dda di Bologna per intestazione fittizia di beni (3 anni e 9 mesi) e per narcotraffico internazionale di cocaina nella storica operazione “Decollo” (12 anni di reclusione) del Ros di Catanzaro e della Dda che lo vedeva “braccio-destro” di Vincenzo Barbieri, quest’ultimo ucciso a San Calogero nel marzo del 2011.
Altri 12 anni di reclusione, Francesco Ventrici ha invece rimediato per un’estorsione alla società di distribuzione “Lidl Italia” alla quale sarebbe stata affiancata, con minacce ed intimidazioni, una società riconducibile al 50% al cognato dello stesso Ventrici, nella distribuzione della merce in tutta la Calabria. La pena in questo caso è in attesa di rideterminazione nell’ambito del processo nato dall’operazione “Decollo Ter” dove la Cassazione ha annullato con rinvio per altri due capi di imputazione relativi a due importazioni di cocaina dal Sud America al porto di Gioia Tauro. Ventrici continuerà quindi ad espiare la pena agli arresti domiciliari nel Bolognese.

Alfredo Lo Bianco

Alfredo Lo Bianco e Vincenzo De Filippis. Beneficiano infine dell’obbligo di dimora a Vibo Valentia, grazie anche all’emergenza coronavirus, Alfredo Lo Bianco, 61 anni attuale consigliere comunale di Vibo Valentia in quota Pd, e l’ex assessore comunale di Vibo Vincenzo De Filippis, di 48 anni. Coinvolti entrambi nell’inchiesta “Rinascita-Scott” con l’accusa di scambio elettorale politico mafioso, in un primo tempo il gip aveva revocato per loro gli arresti domiciliari disponendo il divieto di soggiornare a Vibo Valentia. Le restrizioni dovute all’emergenza coronavirus, con la conseguente difficoltà di spostarsi dal proprio comune per trovare altra sistemazione e altro alloggio (attese anche le restrizioni anti-covid19 che limitavano gli spostamenti da un comune ad un altro), hanno quindi portato il gip il 27 marzo scorso a rivedere la precedente decisione, disponendo per i due esponenti politici l’obbligo di dimora nel comune di residenza di Vibo Valentia.

top