venerdì,Marzo 29 2024

Tentò di uccidere il cognato a Vibo, indagato resta in carcere

La Suprema Corte respinge il ricorso dopo la conferma dell’arresto da parte del gip e poi del Tribunale del Riesame

Tentò di uccidere il cognato a Vibo, indagato resta in carcere
Il pm Filomena Aliberti

Resta in carcere Piero Castagna, 43 anni, di Vibo Valentia, arrestato ad agosto dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia con l’accusa di tentato omicidio ai danni del cognato Francesco Purita. La prima sezione penale della Cassazione ha infatti respinto il suo ricorso confermando la decisione del Tribunale di Catanzaro del 25 agosto scorso. La Suprema Corte, depositando le motivazioni, ha confermato i gravi indizi di colpevolezza per il tentato omicidio, desunti principalmente dalle dichiarazioni della persona offesa, che ha descritto le varie fasi dell’aggressione perpetrata ai suoi danni dal Castagna, il quale l’aveva avvisato per telefono che si sarebbe recatoad incontrarlo in campagna, dove il primo si trovava, e qui l’aveva minacciato che dopo avrebbero fatto i conti; quindi si era allontanato ed era ritornato in compagnia del fratello, aveva nuovamente apostrofato Purita che l’avrebbe sparato, dopodiché aveva estratto una pistola e l’aveva ripetutamente colpito, attingendolo all’orecchio destro, all’avambraccio sinistro, alla coscia bilateralmente in sede posteriore, e infine – quando già Purita giaceva al suolo – con un colpo all’inguine destro. La scena era avvenuta alla presenza di altre persone, per lo più parenti del Castagna, ma anche estranei, che avevano reso informazioni in merito; inoltre, è stato acquisito il certificato medico ricognitivo delle lesioni sul corpo della vittima, dal quale il collegio ha ricavato l’idoneità degli atti a cagionare la morte del Punta. È stata altresì riconosciuta la ricorrenza dell’aggravante della premeditazione, in quanto l’azione era stata preceduta da una telefonata e si era svolta in due tempi, intervallati dall’allontanamento del Castagna, verosimilmente per dotarsi dell’arma, così concedendo all’aggressore un sufficiente tempo di meditazione in ordine al proposito delittuoso, mantenuto fermo e messo in atto”. [Continua in basso]

La Corte di Cassazione

Quanto alle esigenze cautelari, le stesse sono state individuate nel pericolo, concreto ed attuale, di “recidiva specifica desunta dalle allarmanti modalità e circostanze dell’azione, “non ancora chiarita nelle sue causali ma indice di un radicato ed irrisolto conflitto tra le parti e, dunque, passibile di ripetersi qualora Castagna non venga sottoposto alla massima misura coercitiva”.
Per la Cassazione, inoltre, “le discrasie nella narrazione di Purita – quanto al fatto che fosse caduto di faccia o di schiena – non pongono riserve degne di nota sulla credibilità soggettiva del dichiarante, trattandosi di sfumature passibili di trovare chiarimento nel prosieguo delle indagini e nelle successive fasi processuali. Deve quindi concludersi, sul punto, che il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi”. Infine, la particolare gravità del fatto è, idonea per la Suprema Corte a gettare una luce allarmante sulla capacità criminale di Castagna, il quale ha ripetutamente sparato contro una persona disarmata ed in procinto di allontanarsi. Si è inoltre evidenziato che l’evento è maturato nel contesto di un radicato conflitto tra le parti, che — seppure non chiarito nelle cause (si era parlato nell’immediatezza di dissidi familiari per un terreno nella frazione di Vena — non appare ancora giunto a composizione: ciò concretizza il pericolo di reiterazione della condotta e, al contempo, richiede il massimo contenimento personale dell’indagato”.

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