C’è spazio anche per la sentenza dell’operazione “Ragno” contro il clan Soriano nella nuova inchiesta contro la consorteria di Filandari scattata ieri e denominata “Nemea”. Alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – ed in particolare il pm Annamaria Frustaci, il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri ed il procuratore Nicola Gratteri – non è infatti sfuggita la clamorosa assoluzione dei componenti del clan Soriano ad opera dell’allora Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Fabio Regolo. [Continua dopo la pubblicità]
Motivazioni del Tribunale di Vibo che all’epoca avevano suscitato più di qualche perplessità. Nelle stesse si leggeva infatti che “le organizzazioni mafiose agirebbero nel silenzio, in via indiretta, con toni e modalità allusive e non certo in modo fragoroso ed evidente” come il clan Soriano – definito in sentenza “di piccolo cabotaggio” – a cui venivano attribuite “bombe, colpi di pistola, richieste esplicite di denaro, minacce telefoniche ed epistolari a giornalisti”, circostanze queste ritenute invece dal gip distrettuale di Catanzaro prove “evidenti” dell’associazione mafiosa tanto da aver a suo tempo disposto il giudizio immediato per tutti gli imputati.
Gli insulti e le calunnie ai danni del pm Giampaolo Boninsegna. Dall’operazione “Nemea”, come già dall’inchiesta “Ragno”, emerge poi tutto l’astio di Leone Soriano nei confronti dell’allora pm della Dda di Catanzaro, Giampaolo Boninsegna, che aveva coordinato e portato a termine nel 2011 la storica inchiesta contro il clan di Filandari. In una missiva del 14 gennaio 2017, indirizzata dal carcere da Leone Soriano all’imprenditore Antonino Castagna, si legge infatti tutto il delirio e la rabbia di Leone Soriano contro il magistrato, accusato di avergli fatto finire in galera l’intera famiglia. “Vigliacchi e tragediatori” i termini ricorrenti nelle missive di Leone Soriano per apostrofare l’imprenditore Antonino Castagna (parte lesa nell’inchiesta Ragno e nell’inchiesta Nemea) e il pm Giampaolo Boninsegna. Nella missiva del 19 marzo del 2017 – sempre diretta ad Antonino Castagna per spillargli denaro e insultarlo per le accuse dell’operazione “Ragno” – il pm Giampaolo Boninsegna viene definito da Leone Soriano come un “complottista” che avrebbe avuto il solo “torto” di farlo finire in galera.
Un magistrato, Giampaolo Boninsegna, odiato dal clan che era meglio finisse all’altro mondo “ammazzato”, secondo invece le risultanze investigative dell’operazione “Ragno 2”. Era infatti il 19 dicembre 2011 quando gli investigatori intercettavano nel carcere di Cosenza un dialogo fra Leone Soriano ed alcuni congiunti andati a trovarlo per i colloqui: Rosetta Lopreiato, moglie di Leone, e Grazia Soriano, figlia dell’allora detenuto. I carabinieri guidati dal luogotenente Nazzareno Lopreiato hanno così ascoltato il dialogo fra i tre Soriano (peraltro videoregistrato), riportando nell’informativa il riassunto della conversazione intercettata. Alle ore 10.59 del 19 dicembre 2011 Leone Soriano “si rivolgeva alla telecamera – si legge negli atti dell’operazione Ragno – insultando il dott. Boninsegna ed augurandosi che lo ammazzino insieme alla sua famiglia”. Non solo il pm Boninsegna, quindi, sarebbe stato meglio che finisse ammazzato ma, secondo Leone Soriano, anche l’intera famiglia del magistrato. Un “augurio” che Leone Soriano non si è fatto scrupolo di esternare in presenza della propria moglie e della figlia, rivolgendosi con sfrontatezza verso la telecamera della sala colloqui del carcere.
Agli occhi di Leone Soriano, il pm Boninsegna – ieri come oggi – sarebbe stato “colpevole” di aver fatto arrestare quasi tutti i Soriano e per questo avrebbe auspicato che qualcuno uccidesse il magistrato. Proposito, fortunatamente, mai andato in porto. In foto dall’alto in basso: Leone Soriano, il pm Annamaria Frustaci, il giudice Fabio Regolo ed il comandante Nazzareno Lopreiato
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