giovedì,Marzo 28 2024

Infiltrazioni mafiose nei Comuni, Gratteri a Tropea: «Non cambia nulla se non si mandano a casa i dirigenti»

Il procuratore di Catanzaro, ospite del Premio letterario Tropea, ha parlato a tutto campo di contrasto alla ‘ndrangheta: «Stiamo pareggiando - ha detto - ma non lasciatevi incantare da operazioni di polizia mediocri fatte passare per “grandiose”»

Infiltrazioni mafiose nei Comuni, Gratteri a Tropea: «Non cambia nulla se non si mandano a casa i dirigenti»

Ha avuto come ospite d’onore il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, la prima delle due serate del Premio letterario nazionale Tropea, svoltasi ieri, sabato 3 settembre, in largo Galluppi nella cittadina tirrenica.

Una presenza la sua che, oltre che per il suo ruolo di apprezzato scrittore, ha richiamato ulteriore interesse in virtù del recente commissariamento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi del Comune.

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Inevitabile, infatti, un passaggio sulla situazione vissuta a Tropea che Gratteri, a precisa domanda, ha analizzato in questi termini: «Di solito un magistrato non commenta mai il lavoro di un collega, ma è ovvio che quando si preparano le liste nei paesi piccoli, chi le compone sa chi sceglie. Le liste vengono fatte in base al numero delle parentele. Non voglio riferirmi allo scioglimento del Comune di Tropea, ma è questo quello che accade in genere. I patti col diavolo, i politici, i candidati, sia ai Comuni, sia alle Regionali e alle Politiche, si fanno nelle ultime 48 ore, quando al candidato viene l’ansia di non essere votato. E i patti col diavolo non si sciolgono mai, quindi bisogna non farsi prender l’ansia di non essere eletti, ma la volta successiva bisogna farsi trovare preparati».

E ancora: «Sapete perché non cambia nulla? Perché con lo scioglimento si mandano a casa gli amministratori, ma non i quadri, spesso risultato di quella maggioranza politica. Spesso il responsabile di un settore, che è la cinghia di trasmissione, il collettore tra lo ‘ndranghetista e l’amministrazione. Non penso a Tropea, ma faccio un discorso che ho sempre fatto: non cambia nulla perché all’interno del Comune il “Cavallo di Troia” resta sempre. Andrebbe rivista la norma in modo che possano essere rimossi anche i funzionari comunali. C’è chi vorrebbe cacciare solo il candidato che ha avuto rapporti con la ‘ndrangheta. Ma è troppo facile, perché senza i suoi voti non ci sarebbe stato il sindaco. Io proporrei di eliminare tutti i soggetti border line».

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Quindi la discussione si è spostata sul piano generale della lotta alla ‘ndrangheta. «Dal mio punto di vista – ha ribadito il magistrato – stiamo pareggiando la partita, non stiamo vincendo. Noi non dobbiamo misurare i successi dello Stato dal numero degli arrestati. Spesso indagini mediocri vengono veicolate come grandi risultati e spesso i giornalisti non hanno il tempo di fare inchiesta, di fare le loro indagini e questo avviene perché non ci sono soldi, ci sono giornalisti che scrivono gratis o ricevono 10 o 20 euro per un articolo e questo si chiama schiavismo, ma l’amore dei ragazzi per il giornalismo li porta a subire queste vessazioni. Quindi, spesso, non c’è una corretta informazione e si diventa megafoni del giudice Gratteri o di quella forza dell’ordine, spesso si fanno le squadre, con chi sta da un lato e chi sta dall’altro».

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Analisi che è proseguita sulla dimensione sociale entro la quale si inquadra il fenomeno ‘ndranghetistico: «La ‘ndrangheta esiste perché noi le diamo consenso – ha argomentato Gratteri -. Se quest’ultimo non ci fosse sarebbe semplice criminalità organizzata. Le mafie sono tra di noi, parlano come noi, si vestono come noi. Lo ‘ndranghetista vi condiziona la vita, fa scelte al posto vostro. La ‘ndrangheta non ha bisogno di minacciare perché ha il consenso popolare. Quando andate a prendere il caffè la mattina al bar, fate finta di non vederlo lo ‘ndranghetista. E se non avete il coraggio di farlo, rimanete a casa a prendere il caffè con vostra moglie che sicuramente è più buono».

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Infine, un passaggio sulla legalizzazione delle droghe leggere. Gratteri ha detto di non voler fare invasione di campo, ma ha anche riconosciuto di aver sequestrato tantissime tonnellate di cocaina, girando tutti i paesi del mondo in cui c’entra la ‘ndrangheta. «C’è gente che parla senza aver mai fatto un’indagine di droga. Se parliamo dal punto di vista medico, dobbiamo dire che con la marijuana, la corteccia celebrale da 6 millimetri passa a 2, con l’effetto della perdita della memoria. L’uso sistematico di droghe leggere incide sulla crescita del cervello. Ho sentito dire in questi giorni che bisogna legalizzare le droghe leggere per impoverire le mafie: è una sciocchezza, perché su 100 tossicodipendenti solo il 5% usa droghe leggere e di questo solo il 25% è maggiorenne».

Gratteri ha poi proposto una serie di calcoli, dimostrando che per via del divario di costo tra droghe leggere e droghe come la cocaina, la legalizzazione delle prime non rappresenterebbe un danno per le mafie. «Legalizziamo piuttosto la cocaina – ha detto provocatoriamente -, se noi vogliamo provocare un mancato guadagno alle mafie!».

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