lunedì,Maggio 13 2024

Sfuggì allo sterminio nazista, Operatore d’oro per Edith Bruck – Video/Foto

La scrittrice di origine ungherese premiata al Liceo Classico col riconoscimento conferito per il suo grande impegno civile e di testimonianza

Sfuggì allo sterminio nazista, Operatore d’oro per Edith Bruck – Video/Foto
Edith Bruck premiata al Liceo Morelli di Vibo

Strappata dalla sua casa ungherese con l’intera famiglia, gettata su un treno e scaraventata nell’inferno di Auschwitz, ma anche in quelli di Dachau e Bergen-Belsen. Edith Bruck, a differenza del padre, della madre, del fratello, è una sopravvissuta. La sua vita l’ha scandita in versi, in opere cinematografiche insieme al compagno Nelo Risi, in libri stampati ad imperitura memoria del periodo più nero del secolo scorso. Una testimone vivente che a Vibo Valentia ha ricevuto l’Operatore d’oro, riconoscimento tributato dal liceo Classico “Michele Morelli” e dalle altre scuole, nel corso degli anni, a quelle personalità che in ogni campo hanno elevato al massimo livello il diritto alla vita.

«L’Operatore d’oro nasce come impegno e protagonismo attivo in difesa dei diritti umani. Oggi in particolare – ha spiegato il dirigente scolastico Raffaele Suppa – abbiamo premiato la testimonianza più importante che guarda alle giovani generazioni attraverso un passaggio di testimone che rappresenti impegno civile e morale affinché non passi il messaggio di odio, intolleranza e violenza che purtroppo vediamo spesso presentarsi attraverso varie forme».

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La Bruck ha parlato per oltre un’ora. Ha ripercorso passo dopo passo quell’esperienza agghiacciante vissuta da dodicenne: dall’irruzione degli ungheresi “assoldati” dai nazisti ai treni verso l’ignoto. Separata dalla madre da subito, salita su un’altra carrozza, con destinazione Auschwitz. Ridotta alla fame, a marciare verso la morte, ad abituarsi al calcio del fucile in testa, ad osservare le esecuzioni, impotente. Ad essere considerata, insieme ad altri milioni di ebrei, un non umano. A succhiare quel che restava di una buccia di patate, col misto di polvere, ma quando andava bene. A vedere nel trasferimento a Dachau, anzi in un castello nei pressi di Dachau dove veniva costretta a piantare rape e patate per i soldati, una sorta di manna dal cielo. Ma sempre di inferno si trattava. A cercare la mamma, disperatamente. Lo faceva di continuo. Un giorno un ebreo polacco la portò in cortile, le disse: lo vedi quel fumo, la senti questa puzza di carne bruciata? Eccola tua madre, se era grassa ci staranno facendo il sapone.

Una giornata intensa per la scrittrice, che ha narrato a centinaia di ragazzi le atrocità quotidiane dei campi di sterminio, ma che si è commossa solo quando la scuola ha svelato la pietra d’inciampo, simbolo della memoria della Shoah. È stato l’unico momento in cui la Bruck non ha trattenuto le lacrime: «Mi piacerebbe dedicarla ai miei genitori, loro non ce l’hanno, non so dove piangerli, dove portare un fiore. Sono cenere, sono nell’aria…».

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