venerdì,Aprile 19 2024

«No allo scippo di Lamezia, i reperti tornino a Vibo»: si infiamma la polemica sulla collezione “sparita”

Dura reazione dell'associazione Civitas all'ipotesi che i 320 pezzi donati negli anni '80 al Capialbi possano restare nel museo lametino. Pacetti: «Direttori arroganti»

«No allo scippo di Lamezia, i reperti tornino a Vibo»: si infiamma la polemica sulla collezione “sparita”

«Vibo non deve accettare azioni piratesche». Ci va giù duro Raniero Pacetti, presidente dell’associazione Civitas, che lancia un vero e proprio appello all’opinione pubblica cittadina affinché si opponga a qualunque ipotesi di permanenza nel museo di Lamezia dei reperti litici (manufatti in pietra) che lo studioso Dario Leone donò al museo vibonese alla fine degli anni ’80. Trecentoventi pezzi unici, che consentono di ricostruire il periodo protostorico in Calabria, aprendo uno squarcio sui primi insediamenti umani nella nostra regione.

Della collezione si erano perse le tracce da circa 25 anni, nonostante nell’agosto del 1988, nel museo statale Vito Capialbi di Vibo Valentia fosse stata inaugurata una sezione dedicata alla Preistoria, interamente finanziata dall’associazione Civitas proprio con l’obiettivo di mettere in esposizione la donazione di Leone.

Dopo una serie di mostre itineranti organizzate durante il decennio successivo, a ulteriore dimostrazione del grande interesse archeologico suscitato dai reperti, della collezione non si è saputo più nulla. Sulla loro sorte ha deciso di vederci chiaro proprio l’associazione presieduta da Pacetti, che recentemente ha sollecitato il direttore del Capialbi, Adele Bonofiglio, a indagare.

Ma mentre si era ancora in attesa di una risposta ufficiale da parte del museo ospitato nel castello Normanno Svevo, il Vibonese.it è venuto a conoscenza del fatto che i reperti sono da tempo esposti nel museo di Lamezia, come ci ha confermato lo stesso direttore Gregorio Aversa, auspicando che possano rimanere nella città lametina. «Non riduciamo la questione a una serie di cavilli legali, ma cerchiamo di puntare alla valorizzazione del patrimonio calabrese nel suo complesso – ha dichiarato Aversa nei giorni scorsi al nostro giornale -. Il museo di Vibo ha già reperti interessantissimi e di grande valore. Per noi, invece, sarebbe difficile dover rinunciare alla collezione Leone».

Dichiarazioni che hanno scatenato la dura reazione di Pacetti. «Dopo aver appreso dalla stampa che i reperti sono a Lamezia – ha spiegato – non lasceremo nulla di intentato pur di salvaguardare e tutelare il patrimonio storico e archeologico della città». Pacetti, dunque, annuncia battaglia con toni molto accesi che contrastano con le parole pacate spese dai direttori dei musei coinvolti, i quali stanno affrontando la questione seguendo i binari delle procedure ministeriali. Comprensibile che il museo di Lamezia non voglia perdere quello che negli anni è diventato uno dei suoi principali motivi di attrazione, ma il suo direttore non ha alzato barricate, dicendosi pronto a seguire le direttive che verranno dalla Sovrintendenza, dopo che sarà stata accertata la titolarità dei reperti. Titolarità sulla quale, però, il presidente di Civitas non ha alcun dubbio, grazie anche alla ricostruzione minuziosa e documentata dei passaggi di mano dei reperti sino alla loro “sparizione”.

«La questione “Donazione Dario Leone” – afferma il direttivo dell’associazione – diventa una vexata quaestio quando l’arroganza di chi, invece di rispettare il mandato, decide di privare il Museo di Vibo Valentia di importanti testimonianze preistoriche che andavano a integrare i ritrovamenti di Paolo Orsi a Torre Galli, ignorare e prevaricare le volontà testamentarie del Prof. Dario Leone, utilizzare a proprio piacimento il materiale acquistato con i fondi dell’Associazione Civitas».

Bordate che diventano ancora più esplicite quando Pacetti ventila addirittura un’ipotesi di «appropriazione indebita», dicendo che il museo di Lamezia «avrebbe potuto e dovuto verificare la provenienza e la liceità dei reperti che gli venivano consegnati» e aggiungendo che «oggi, a distanza di tanti anni, la questione si riapre e appare in tutto il suo squallore!».

Ma ce n’è anche per il museo Capialbi, quando il direttivo dell’associazione ammonisce che questo «è il luogo di custodia delle testimonianze di un retaggio storico che ci fa dire con orgoglio di essere vibonesi e non deve esser il palcoscenico per la vanità e l’arrivismo di chi è chiamato a dirigerlo pro tempore».

Insomma, la contesa sulla destinazione della collezione Leone è appena iniziata.

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